Operazione “Amici miei”, scena muta del boss De Matteis. Anche i due albanesi non parlano

Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere il boss Vincenzo De Matteis e i due albanesi arrestati durate l’operazione “Amici Miei”.

Si è avvalso della facoltà di non rispondere Vincenzo De Matteis, il 43enne di Taviano ritenuto un esponente di spicco della Sacra Corona Unita. L’uomo, con alle spalle un curriculum criminale di tutto rispetto tra cui anche una condanna per omicidio, era stato arrestato all’alba del 17 settembre durante il blitz delle forze dell’ordine che ha smantellato un’associazione a delinquere finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti. 

Hanno scelto questa strada anche i due albanesi  Sejdini Saimir e Klodian Shehaj, finiti come lui in carcere nell’operazione denominata «amici miei» perché «amici» erano chiamate, nel linguaggio volutamente allusivo degli associati, le dosi di cocaina già tagliate e pronte ad essere vendute agli acquirenti di ogni età e fascia sociale (quasi certe le cessioni a minorenni e a professionisti della zona) sulle piazze di Gallipoli, ma anche Alezio, Taviano e Matino.

Questa mattina, infatti, si sono svolti gli interrogatori delle tre persone finite a Borgo San Nicola. Il boss e i due albanesi – assistiti dagli avvocati Stefano Stefanelli e Biagio Palamà – hanno fatto scena muta, scegliendo di non rispondere alle domande del Gip Simona Panzera.

Domani saranno ascoltati gli indagati ristretti ai domiciliari.

Gli amici, la vagnona e la fatica

«Amici»: così era chiamata convenzionalmente la droga già confezionata. Lo dimostrano le numerose intercettazioni telefoniche come un “dialogo” tra i due albanesi su una fornitura di droga. Saimir chiede al sodale se aveva altri amici con sé, invitando il suo interlocutore a raggiungerlo a casa per rifornirlo di nuove dosi che stava “confezionando”, in modo da non avere un solo “amico”.  «Vieni a casa perché sto tagliando io così non vai con un amico», dice. 

Un’altra conversazione rende bene il concetto. Sempre Samir afferma «togli, togli dieci amici perché mi ha chiamato un altro. Perciò, finisci alla Madonna Grande, togli dieci amici e vieni qui».

Il termine «Vagnona» (ragazza/fidanzata ndr.), invece, era usato per indicare il grosso quantitativo di droga, ancora grezza. In altri casi, invece, è usato per riferirsi direttamente al fornitore che porta con sé la vagnona, ossia la droga. Saimir,  parlando ai suoi sodali, racconta di aver incontrato la vagnona a cui avrebbe detto che sarebbe passato domani (nel pomeriggio del giorno successivo avrebbero reperito un nuovo quantitativo di droga da un fornitore con cui avevano appuntamento).

«Fatica» (lavoro in dialetto), invece, indicava l’attività di spaccio. Ogni “cipollina” che conteneva mezzo grammo di cocaina era venduta a 60 euro l’una con il metodo “Drug and Drive”. Gli spacciatori si davano appuntamento con il cliente in una zona poco frequentata, dove avveniva poi il passaggio dosi-denaro attraverso i finestrini delle auto accostate.



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