Infiltrazioni della criminalità nel settore dei giochi e delle scommesse, nei guai tre fratelli di Nardò. C’è anche un avvocato

Sono destinatari di un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali. “Doppio Gioco” il nome dell’inchiesta, coordinata dalla Procura e condotta dalla Guardia di Finanza.

I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Lecce sono impegnati in queste ore a eseguire un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali nei confronti di 3 fratelli tutti residenti nella provincia Lecce, ritenuti responsabili di reati plurimi di natura associativa. Il provvedimento è stato emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, Giovanni Gallo.

Si tratta di: Giovanni Francesco Rizzo, 58enne avvocato, Pantaleo Salvatore Rizzo e 53 anni, di Nardò, finiti agli arresti domiciliari; Maria Teresa Rizzo, 55enne, anch’ella di Nardò, raggiunta dall’obbligo di dimora.

Risultano invece indagati a piede libero : A. C., 41 anni, di Sannicola; L. M., 44 anni, di Squinzano; C. N., 68 anni, di Galatone; V. P., 36 anni, di Nardò; O. R., 58 anni, di Squinzano; G. S., 55 anni, di Squinzano e R. Z., 44 anni, di Galatone.

L’inchiesta denominata “Doppio Gioco” e coordinata dalla Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce e condotta dal Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata (Gico) del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Lecce, ha smantellato un’organizzazione operante nel mercato del gaming e del gioco d’azzardo legale ed illegale nelle province di Lecce e Taranto, gestendo un vorticoso giro d’affari nel settore delle famigerate slot machines, dei videopoker e nella raccolta di scommesse per eventi sportivi, fatte confluire sulle piattaforme informatiche di bookmaker stranieri.

In tale ambito, le Fiamme Gialle hanno accertato che tre fratelli neretini, a capo di un’organizzazione criminale fortemente affermata in Salento, avevano costituito un sistema economico illegale nel mercato della raccolta di scommesse e gioco d’azzardo, noleggiando e distribuendo in numerosi locali pubblici  apparecchiature elettroniche da intrattenimento, alcune delle quali alterate nel software delle schede di gioco e altri dispositivi, denominati “totem”, che riproducono il gioco illegale del videopoker, idonei a consentire l’accesso a giochi e scommesse a distanza offerti da persone prive della concessione dei Monopoli di Stato, in totale evasione delle previste imposte e di tutte le regole di mercato idonee a garantire la correttezza e legalità del gioco.

Nello specifico, l’avvocato Giovanni Francesco Rizzo, secondo l’accusa, provvedeva alle operazioni di prelievo del denaro dai dispositivi illegali. Non solo, poiché gestiva gestiva i rapporti con i clienti, contrattando le condizioni del noleggio e garantiva loro consulenza ed assistenza legale, nei procedimenti penali che sorgevano a loro carico, a seguito dei sequestri, dando loro indicazioni per eludere i controlli e dissimulare l’illiceità dei dispositivi.

E poi, ritiene l’accusa, l’avvocato gestiva il rapporto con un prestanome provvedendo a corrisponde regli ( assieme ai fratelli) periodicamente somme di denaro in cambio della fittizia intestazione di un’impresa con la quale i fratelli Rizzo distribuivano dispostivi di gioco illegale.

Invece, il fratello Pantaleo Rizzo, gestiva i rapporti con i clienti con particolare riguardo al noleggio dei Totem e dei videopoker.

Infine, la sorella Maria Teresa Rizzo, si occupava del settore amministrativo e contabile di due società, gestendo in particolare i rapporti con le banche ed i prestanome.

La complessa attività investigativa a opera degli uomini di “Piazzetta dei Peruzzi”, ha dimostrato l’operatività dei tre nel settore dei giochi illegali e la loro capacità di inserirsi nel tessuto dell’economia legale anche attraverso imprese individuali formalmente intestate a prestanome e società che, le investigazioni, hanno consentito, in realtà, di ricondurre ai vertici del sodalizio criminale.

I tre fratelli e i loro complici gestivano il gioco d’azzardo anche attraverso slot machine “taroccate”, appositamente manomesse per interrompere i flussi telematici di comunicazione ai Monopoli di Stato, sottraendo in questo modo gli ingenti guadagni all’imposizione dovuta allo Stato sull’ammontare delle giocate realizzate dai singoli dispositivi elettronici.

I provvedimenti di cattura sono stati eseguiti nel Comune di Nardò e le ipotesi di reato contestate vanno dall’associazione per delinquere, alla frode informatica, all’esercizio del gioco d’azzardo, di quello abusivo delle scommesse, al trasferimento fraudolento di valori per sottrarli ad eventuali misure di sequestro.

Durante le indagini i militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Lecce hanno effettuato numerosi sequestri di apparecchiature elettroniche nei confronti dei vari prestanome dei destinatari provvedimento odierno, oltre che presso centri abusivi di raccolta scommesse in denaro.