“Conosco la cultura italiana dai. Se ti do io la merce loro si arrabbiano, non vogliono niente più…conosco non di un giorno, né di due giorni e di tanti anni che lavoro con l’Italia, dai.”
La conversazione intercettata tra un fornitore greco e Davide Quintana risulta emblematica dei contrasti per il monopolio del mercato ittico a Gallipoli e non solo.
Successivamente, quest’ultimo affermava: “È un peccato perché io quando c’era il Paradiso del Mare riconducibile al clan Padovano, ndr) non c’erano problemi no? Adesso ci sono problemi. E l’interlocutore greco risponde, “no non c’era, un’altra storia”.
Nelle 226 pagine di ordinanza applicativa delle misure cautelari, a firma del gip Antonia Martalò, si fa riferimento alle “problematiche concorrenziali” tra la Ittica Gallipoli di Davide Quintana, ma riconducibile anche al Padovano, e un’altra azienda con interessi economici di Saulle Politi, con funzioni direttive ed organizzative dell’omonimo clan di Monteroni. Tale società costituiva una delle fonti di reddito del sodalizio mafioso.
Cosicché, dal sevizio d’intercettazione emergeva come il Quintana avesse chiesto di godere di protezione mafiosa per poter continuare la gestione e lo sviluppo della sua attività.
Il gip Martalò, afferma nell’ordinanza che la protezione sarebbe servita “per mediare gli interessi della criminalità organizzata nella spartizione dei profitti derivanti da tale importante fetta di mercato locale”.
Succede però che “il nuovo canale commerciale offerto dall’imprenditore galipolino aveva determinato problemi di concorrenza con altre imprese del settore operanti nella provincia di Lecce. Quest’ultime risultavano collegate a loro volta ad uno dei sodalizi che con il clan Rizzo si spartivano il ricco traffico delle sostanze stupefacenti”.
