Operazione ‘Pozzino’: il presunto capo Luigi Tarantini rimane in carcere

Il Tribunale del Riesame, Presidente Silvio Piccinno, ha rigettato il ricorso presentato dalla difesa di Luigi Tarantini. Le ipotesi di reato contestate a Tarantini sono di furto, estorsione, detenzione arma da fuoco e ricettazione. Resta in carcere anche Andrea Mancarella.

Resta in carcere il presunto capo del sodalizio criminale smantellato a seguito dell'Operazione "Pozzino". L'indagine è così denominata per la contrada in cui è collocata la sua masseria. Il Tribunale del Riesame, Presidente Silvio Piccinno, ha rigettato il ricorso presentato dalla difesa di Luigi Tarantini, detto Gino. Il legale del 66enne di San Pietro in Lama, l'avvocato Vito Quarta,  chiedeva l'annullamento dell'ordinanza emessa dal Gip Cinzia Vergine e la scarcerazione del proprio assistito; in subordine, il difensore invocava un'alleggerimento della misura cautelare e dunque i domiciliari, anche perché le sue condizioni di salute risulterebbero incompatibili con il regime carcerario.

I giudici hanno recepito il ricorso presentato dal difensore soltanto in merito ad alcuni episodi di ricettazione. Secondo l'avvocato Quarta, invece, non sussistono gravi indizi di colpevolezza, in merito alle ipotesi di reato contestate a Tarantini, di furto, estorsione e ricettazione, poiché la maggior parte della refurtiva trovata in suo possesso, gli apparterrebbe realmente. Riguardo alla detenzione illegale di arma da fuoco, (a parte le intercettazioni da cui è  emerso come Tarantini aveva intessuto dei saldi rapporti con il boss Roberto Nisi), non sarebbe dimostrabile un suo coinvolgimento, poiché non sarebbe stata trovata alcuna arma riconducibile a lui.

Il Riesame ha "confermato" la misura cautelare del carcere anche per Andrea Mancarella. L'annullamento dell'ordinanza ha riguardato soltanto alcuni episodi di ricettazione e di possesso d'armi da fuoco. Confermate invece, l'associazione a delinquere e lo spaccio di droga. Il suo difensore Ivan Feola, aveva anch'egli invocato la scarcerazione per il proprio assistito. Riguardo al ruolo da lui assunto nei casi di ricettazione, Mancarella già nell'interrogatorio di garanzia ha negato ogni addebito, spiegando che gli attrezzi agricoli erano di proprietà della sua famiglia. Dalle intercettazioni con Marco Centonze, invece, emergerebbero solo dei rapporti di lavoro legati alla vendita di mozzarelle. Infine, si è discussa la posizione di Marco Caramuscio, 33 anni di Monteroni, per il quale il difensore Angelo Vetrugno ha chiesto, anch'egli la scarcerazione.

Nei giorni scorsi, invece, era stato scarcerato Biagio Pagano, 33enne di Leverano. Il gip Cinzia Vergine ha accolto l'istanza presentata dagli avvocati Giuseppe Bonsegna ed Anna Inguscio. Pagano nell'interrogatorio di garanzia ha negato la sua partecipazione a furti ed estorsioni con il " cavallo di ritorno", così come la detenzione di armi da fuoco. Ha ammesso soltanto un suo coinvolgimento in episodi di ricettazione di articoli di poco conto, come i decespugliatori. È stata invece rigettata dal gip la richiesta di scarcerazione per il boss Roberto Nisi, 64 anni di Lecce. recluso nel carcere di Favignana, difenso da Ladislao Massari.

Invece per Antonio Vadacca, difeso dall'avvocato Massimo Bellini, il gip aveva disposto i domiciliari (egli è detenuto in carcere per altra causa). Anche per il 43enne di Monteroni, il suo legale chiederà la scarcerazione innanzi al Riesame, martedì 15 marzo.