Presunto intreccio mafia-politica nel Comune di Parabita: niente scarcerazione per l’ex vicesindaco

La Cassazione non ha accolto la richiesta avanzata dal suo difensore. L’avvocato Luigi Corvaglia aveva sottolineato in sede di discussione, la mancanza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari. Provenzano ha rassegnato da tempo le dimissioni dalla carica.

Rigettata la richiesta di scarcerazione, in virtù  di una sentenza della Cassazione, per l'ex vicesindaco di Parabita, Giuseppe Provenzano che resta così ai domiciliari. Invece nella mattinata di ieri, in sede di discussione in aula a Roma, il Procuratore Generale Nello Rossi aveva invocato l'annullamento dell'ordinanza senza rinvio. Gli "ermellini" della sesta sezione, dunque, non hanno accolto la richiesta avanzata dal suo difensore, l'avvocato Luigi Corvaglia. II legale ha sottolineato la mancanza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, da quando il suo assistito ha rassegnato le dimissioni dalla carica di vice sindaco. Provenzano è ai domiciliari dal 23 dicembre scorso. Infatti, dopo che il politico di Parabita aveva trascorso 13 giorni in carcere, il collegio del Tribunale del Riesame, presieduto da Silvio Piccinno, aveva disposto la misura dei domiciliari per il politico. L'avvocato Corvaglia aveva chiesto la scarcerazione, ma i giudici avevano disposto soltanto una attenuazione della misura cautelare, per il rischio di  reiterazione del reato. Ricordiamo che si tratta del primo ricorso già discusso in Cassazione dei 24 indagati, nell'ambito dell'operazione investigativa ‘Coltura’. Altri, sono già stati già fissati per il 20 e 21 aprile e c'era dunque molta attesa per l'esito di questa istanza.
 
Coordinata dal procuratore aggiunto Antonio De Donno e condotta dai Ros, "Coltura" ha portato all’arresto di 23 persone, permettendo di disvelare un pericoloso intreccio di potere tra mafia e politica nel comune di Parabita. Le indagini dei carabinieri – avviate nel 2013 – hanno cercato di ricostruire il processo di riorganizzazione interna del sodalizio mafioso Giannelli; dunque la reggenza assunta da Marco Antonio, come detto, del boss storico Luigi Giannelli, condannato all’ergastolo come mandante del duplice omicidio di Paola Rizzello e di sua figlia, brutalmente uccise la sera del 20 marzo 1991. Gli indagati rispondono, a vario titolo ed in diversa misura, di associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, estorsione, detenzione illegale di armi, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, corruzione di persona incaricata di pubblico servizio e danneggiamento seguito da incendio, tutti reati aggravati dalle finalità mafiose.
 
Tra gli indagati anche, l'ex vicesindaco di Parabita, Giuseppe Provenzano (il “Santo in paradiso”, come lo stesso si definiva in alcune conversazioni) accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. L’uomo si sarebbe interessato a far assumere alcuni sodali del clan, o loro congiunti, come operatori ecologici nell’impresa di racconta di rifiuti che opera in quel comune. Non solo, avrebbe contribuito a rimpinguare le casse del clan con versamenti periodici in cambio del sostegno nelle elezioni amministrative del maggio 2015.
 
Con quei soldi, ad esempio, sarebbero stati pagati i viaggi ai familiari per andare a trovare i propri cari detenuti in carcere.



In questo articolo: