Mazzette in cambio di favori per le protesi, pena ridotta in Appello per funzionaria della Asl

Carmen Genovasi, 48 anni di San Pietro in Lama, è stata condannata a 4 anni e 6 mesi di reclusione al termine del secondo grado

Arriva la riduzione della pena in Appello, per l’ex responsabile dell’ufficio assistenza protesi della Asl di Lecce.

Carmen Genovasi, 48 anni di San Pietro in Lama, è stata condannata a 4 anni e 6 mesi di reclusione. I giudici della Corte d’Appello hanno accolto il concordato tra le parti ed eliminato anche la sanzione accessoria dell’interdizione legale. La Corte ha confermato il risarcimento del danno in separata sede, stabilito in primo grado, in favore dell’Asl che si era costituita parte civile con gli avvocati Massimo e Riccardo Manfreda.

La Genovasi è difesa dagli avvocati Sabrina Conte e Stefano De Francesco.

In primo grado, il gup Cinzia Vergine, al termine del rito abbreviato, aveva condannato Carmen Genovasi a 6 anni e 8 mesi di reclusione. Non solo, poiché il giudice aveva inflitto la pena di 4 anni e 6 mesi per Giuseppe Bruno, 59enne di Collemeto. Per quest’ ultimo, già nei mesi scorsi, la Corte aveva accolto il concordato delle parti, riducendo la pena a 3 anni e 4 mesi di reclusione.

Giuseppe Bruno è difeso dagli avvocati Carlo Caracuta e Luigi Rella.

Invece, in precedenza, altri due imputati avevano già patteggiato la pena, davanti al gup Simona Panzera. Si tratta dell’imprenditore Pietro Bonetti, 73 anni leccese (3 anni e 6 mesi), difeso dagli avvocati Amilcare Tana e Vincenzo Licci e la rappresentante di protesi Monica Franchini, 51 anni, di Lecce (2 anni, con pena sospesa), difesa dall’avvocato Luigi Covella.

I quattro imputati rispondevano a vario titolo ed in diversa misura di: corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente da parte della P.A. e falso ideologico continuato in atto pubblico.

Gli arresti

Nel giugno del 2020, i militari del Gico hanno compiuto un blitz nell’Ufficio protesi, all’ex ospedale in piazzetta Bottazzi, dove il rappresentante di protesi sarebbe stato sorpreso mentre consegnava alla funzionaria 850 euro in cambio, di prescrizioni già autorizzate da portare poi all’Asl di Lecce per l’incasso. E poche ore dopo, sono stati eseguiti quattro arresti nell’inchiesta “Buste Pulite”.

Le accuse

Le indagini parlano di un rapporto corrotto tra la funzionaria e alcuni imprenditori del settore protesi (ausili ortopedici e audiometrici), basato sullo scambio di denaro e altre regalie. Secondo gli investigatori, la funzionaria assegnava le pratiche ai singoli imprenditori direttamente, di fatto ignorando il diritto del paziente di scegliere le protesi, spesso pagandole più del dovuto o fornendo ausili non esattamente adeguati alle necessità.

Oltre al denaro contante, i finanzieri hanno documentato numerose altre utilità scambiate al fine di ottenere le pratiche di assegnazione delle pubbliche forniture, tra cui la falsa assunzione del marito della funzionaria da parte di un imprenditore, poco tempo dopo licenziato per ottenere il beneficio dell’indennità di disoccupazione, un aspirapolvere del valore di 200 euro, caciotte, uno smartphone del valore di 1.100 euro, nonché i D.P.I. (dispositivi di protezione individuale), difficilmente reperibili e venduti a peso d’oro durante il blocco totale del Paese dovuto all’emergenza epidemiologica.