Si toglie la vita in carcere impiccandosi con le lenzuola. Il Sappe “i detenuti continuano a suicidarsi, ma non importa a nessuno”

Un detenuto del Carcere di Lecce si è tolto la vita, impiccandosi alla grata della finestra, con una corda ricavata da un lenzuolo. Il Sappe: “non importa a nessuno”

A prima vista sembra crudele la nota stampa a firma del Sappe quando da appuntamento a tutti al “prossimo suicidio”. In realtà, quello che il Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria vuole sottolineare è la situazione critica e a tratti preoccupante del carcere di Lecce, dove nella notte un detenuto 44enne, di origine rumena, ha deciso di chiudere tutti i suoi conti con la vita e la giustizia, impiccandosi con la corda ricavata da un lenzuolo che ha legato alla grata della finestra, nella sua cella del reparto R2.  

«Questo è il secondo suicidio in 7 mesi e qualcuno potrebbe dire che sono troppi, ma se dovessimo conteggiare tutti gli  interventi dei poliziotti penitenziari che con coraggio e professionalità riescono a salvare  chi per motivi vari  ha deciso di volare oltre le sbarre, la lista si allungherebbe di molto», tuona il Sindacato.

L’agente di servizio nella sezione, purtroppo, non ha potuto evitare il drammatico epilogo. Nonostante sia intervenuto con prontezza, non c’era più nulla da fare per il 44enne. Così, la sua morte è diventata un numero di una fredda statistica che, come sostiene il Sappe, “non interessa più a nessuno”.

Numeri di una strage lunga e troppo spesso silenziosa che sembra in qualche modo legata allo stato in cui versano le prigioni del Belpaese, da Nord a Sud indistintamente.

«Fino a qualche anno fa – scrivono – ci si indignava, ci si interrogava anche sui mass media nazionali,  ora più niente. Solo qualche riga nella cronaca  locale ed avanti il prossimo».

Celle piene zeppe, violenze, pochi agenti. Sono sempre i numeri che raccontano i problemi, come il sovraffollamento – denunciato da mesi, se non anni, dal Sappe –  che a Lecce è arrivato a sfiorare il 100%. A fare da contraltare, si legge,  è la mancanza di personale, di poliziotti penitenziari che, già “massacrati” da turni sfiancanti, non possono controllare tutto né gestire la situazione che, come dimostra quest’ultimo episodio, prende una piega drammatica. Difficile  “ sorvegliare” tutti e così, in casi estremi, diventa una corsa contro il tempo per evitare le tragedie.

«Ma è possibile che in un cosiddetto paese civile – prosegue il Sappe –  ci si indigni per un animale maltrattato,  e nessuno si preoccupi di affrontare seriamente il problema delle carceri, diventate ormai una discarica  sociale ove buttare le anime ed i corpi degli ultimi, dei pazzi, dei diseredati (parliamo di decine di migliaia di persone)».

«Diamo appuntamento al prossimo suicidio o pestaggio di poliziotto sempre che interessi ancora a qualcuno», concludono.



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