
È definitivo il giudizio di candidabilità di Alfredo Cacciapaglia, ex sindaco di Parabita, poiché personalmente non inciso dalle vicende che portarono allo scioglimento del Consiglio Comunale del Comune. Così come per l’ex assessore Biagio Coi, facente parte della Giunta di Parabita.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione, che ha accolto le argomentazioni difensive svolte dall’Avvocato Pietro Quinto nell’interesse di Cacciapaglia e dall’Avvocato Luciano Ancora nell’interesse del Coi.
Era accaduto che a seguito della relazione della Commissione di indagine del 2016 sulle vicende amministrative del Comune di Parabita, il Ministero dell’Interno aveva richiesto al Tribunale di Lecce la dichiarazione di incandidabilità di Cacciapaglia, attribuendogli una responsabilità nella veste di sindaco del Comune di Parabita, deducendo che in tale ruolo avesse in qualche modo concorso, nell’attività amministrativa dell’Ente, a determinare il provvedimento di scioglimento del Consiglio Comunale per il pericolo di infiltrazioni mafiose. Analoghe richieste erano state formulate nei confronti di alcuni assessori della sua Giunta.
Sia il Tribunale di Lecce che la Corte d’Appello avevano rigettato tale richiesta, nei confronti del sindaco Cacciapaglia e dell’Assessore Coi accogliendola invece nei confronti di un altro Assessore.
In particolare i Giudici di merito avevano ritenuto la condotta del Cacciapaglia immune da ogni addebito sia in sede penale, che amministrativa. Non solo. I giudici di merito – sulla base delle deduzioni dell’Avvocato Quinto e della documentazione esibita – avevano escluso nel comportamento dell’ex primo cittadino “rapporti personali di qualsivoglia tipo dai quali si possa inferire la collusione, sia pure indiretta, con ambienti della criminalità organizzata.
D’altro canto nella stessa richiesta ministeriale non erano individuati e contestati comportamenti specifici in tal senso in relazioni a pratiche amministrative, ma veniva riportata in via principale la dichiarazione di un collaboratore di giustizia, il quale aveva affermato che il suo gruppo, nelle elezioni amministrative del 2010 aveva appoggiato il gruppo del sindaco Cacciapaglia. Circostanza questa smentita dallo stesso pentito nel corso di un dibattimento innanzi al Tribunale Penale di Lecce. In tale circostanza era stato acclarato che l’appoggio elettorale si riferisse ad una precedente tornata elettorale, e riguardava una diversa lista politica.
La Corte di Cassazione ha ritenuto che le motivazioni svolte sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello di Lecce fossero esaustive e, tali, da escludere qualsivoglia responsabilità penale di Cacciapaglia e di Coi. Occorre altresì ricordare che nelle elezioni amministrative svoltesi a Parabita, l’ex sindaco Cacciapaglia, pur potendosi candidare, aveva rinunciato a una presenza politica diretta in attesa del giudizio definitivo sulla sua posizione di ex amministratore.
Anche per il Coi, la richiesta di incandidabilità aveva fatto perno sulle dichiarazioni di Massimo Donadei circa il preteso appoggio elettorale ricevuto dal clan malavitoso con particolare riferimento al Coi, ritenuto “portavoce di tutte le nostre istanze”. Queste accuse erano state smentite, come già osservato per la posizione dell’ex sindaco. Anche altre contestazioni si erano dimostrate insussistenti e in particolare quelle riguardanti un interesse specifico dell’ex assessore in una pratica edilizia. La pratica edilizia era stata ritenuta legittima e l’attività del Coi era diretta al suo personale interesse, come privato cittadino e non certo per favorire interessi della criminalità organizzata.
Per effetto della sentenza della Suprema Corte di Cassazione e delle precedenti sentenze del Tribunale e della Corte d’Appello di Lecce Alfredo Cacciapaglia e Biagio Coi conservano appieno i loro diritti civili, non incisi dalla esperienza di ex amministratori del Comune di Parabita, e potranno, quindi, ritornare, se lo vorranno, a fare politica al servizio della comunità del loro Paese.