Una Spagna senza «falso nueve» perde col Cile ed esce dal Mondiale

Perdendo 2-0 contro il Cile, la Spagna esce fuori dal Mondiale, rinunciando al sogno di alzare la sua quarta coppa internazionale consecutiva.

Gli appassionati del pallone tuttora stentano a crederci. Dai, è impossibile. La Spagna fuori dal Mondiale? Dopo un ciclo vincente durato sei anni? Dopo che il modello iberico ha insegnato calcio a mezza Europa (per non dire mondo)? Dopo complimenti su complimenti, quasi d’obbligo, usciti fuori dalle voci illustri di opinionisti, allenatori e vecchie glorie? Dopo trasmissioni televisive e speciali interamente dedicati ai maestri della remuntada e del tiki taka?

Domande che alla vigilia di Brasile 2014 nemmeno ci saremmo posti; anzi, Casillas e compagni figuravano tra i favoriti ad alzare in cielo quel trofeo dorato, fantastico, bellissimo solo a vedersi. Desiderato da quando ancora si è troppo piccoli per abbozzare un futuro da calciatore. Eppure le cose stanno proprio così: perdendo 2-0 contro il Cile dei vari Sanchez, Vidal, Edu Vargas e Isla, i campioni in carica abbandonano la competizione internazionale per eccellenza.

Sotto i colpi di Edu Vargas (di proprietà del Napoli, ma nell’ultima stagione esploso col Valencia) e Aranguiz, i colossi spagnoli debbono giocoforza alzare bandiera bianca, ammettendo dei limiti che nessuno, forse nemmeno Del Bosque stesso, avrebbe mai pensato potessero sorgere.

Punto primo. Il perno principale del centrocampo spagnolo, Andrès Iniesta, sembrava come imprigionato in un forzato – e malriuscito – tentativo di indossare le vesti di falso nueve. Compito classico per lui, detto “l’illusionista”, quello di agire da falso attaccante e confondere gli avversari palla al piede. D’altronde, in questa Spagna, c’era già un nueve, ma un nueve vero: Diego Costa. Agendo da tipico centravanti d’area, l’attuale bomber passato da poco al Chelsea ha limitato le competenze di Iniesta, inceppando, purtroppo, un meccanismo avviato da diversi anni.

Punto secondo. Dinanzi all’innesto dell’ormai ex Atletico Madrid, lo schema tattico si sarebbe dovuto adattare alla new entry, cercando l’anello di congiunzione tra essa e il tiki taka. Invece i tifosi hanno visto solo la brutta copia della famosa fitta rete di passaggi rasoterra, “a ragnatela”. Non a caso, la sensazione degli spettatori è stata quella di vedere un ragno incastrato nella sua stessa ragnatela. Una formazione confusa, trasformatasi da predatrice a preda.

Punto terzo. Gli eroi della generazione terribile, vale a dire Jordi Alba, Torres, Xabi Alonso, Busquets, Xavi e via dicendo, sono apparsi incredibilmente opachi. Sarà stata la pancia piena dovuta alle vittorie più recenti? Non proprio. Certe ipotesi le formalizzano solo i personaggi che cercano scuse, che si arrampicano sugli specchi dopo un insuccesso sportivo.

I grandi atleti rimarranno tali per sempre. Esseri umani, padri di famiglia, mariti o compagni, e non alieni. Semplicemente, il calcio è bello anche a causa di certe sorprese. La Spagna esce senza dubbio con le ossa rotte, ma per dovere di cronaca va ricordato che dal 2008 al 2014 c’è stata una squadra imbattibile. E chissà quanto dovremmo aspettare per gustarci di nuovo fenomeni chiamati a replicare almeno un quinto dei risultati conquistati, attraverso sudore, ingegno e fatica, dalla filosofia ispanica.



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