Comunque la si giudichi, l’era Tesoro deve dirsi finita

In due anni, il Lecce targato Tesoro è¨ riuscito soltanto a fare da sparring partner alle squadre che volevano andare tra i cadetti. Squadre pensate male e costruite peggio sono arrivate stremate alla fase clou del Torneo. I responsabili devono lasciare.

A nemmeno sette giorni dalla disfatta di Frosinone sono maturi i tempi per poter giudicare la seconda stagione targata Tesoro e, giacché ci siamo, l’intero arco temporale durante il quale la famiglia barese ha regnato sulle sorti sportive del Lecce.

Sui titoli di coda di un’esperienza ci vanno molto bene i ringraziamenti. Ed i ringraziamenti che Lecce deve tributare ai Tesoro sono tanti: hanno innanzitutto preso sulle spalle l’eredità dei Semeraro il cui rapporto con gli ultrà e con l’intera tifoseria si era ormai liso e sfilacciato in maniera irrecuperabile, per provare a rilanciare i colori giallorossi se non nell’Olimpo del calcio almeno alle sue soglie. I Tesoro, due anni fa, dimostrarono di credere nel progetto e presero una squadra che mestamente era stata retrocessa dalla A alla C, o Lega Pro che dir si voglia, per una miserrima storia di frode sportiva legata alla compravendita addirittura del derby con il Bari.

La giustizia penale dovrà ancora accertare ciò che accadde in quella sventurata partita al San Nicola, quando tutti i tifosi credevano di essere entrati in paradiso senza accorgersi che stavano appena mettendo piede nell’imbuto dell’inferno. Ed il tutto mentre rotolava in porta la sfera rotonda colpita prima da Jeda di testa  poi, poco più tardi, bislaccamente deviata nella propria rete da Andrea Masiello.

I Tesoro presero la squadra dopo un lungo tira e molla con patron Giovanni Semeraro e ebbero un secondo merito, non meno importante: seppero ricucire i rapporti con la tifoseria salentina dimostrando, con astuzia ed intelligenza, che solo avendo dalla propria parte il tifo si possono fare persino scelte sbagliate, senza che nessuno te ne chieda troppo conto.

Ma dopo due anni, dopo 24 mesi, dopo 730 giorni possiamo dire che di esperienza negativa, se non fallimentare, si è trattata. Ecco perché siamo partiti dai ringraziamenti sui titoli di coda, poiché i titoli di coda segnano il finale di un film, dolce o amaro che sia stato.

L’era Tesoro deve dirsi archiviata, poiché due figuracce come quelle che il Lecce ha collezionato nel 2012-2013 e nel 2013-2014  non possono e non devono passare inosservate. L’anno scorso dalla fine del Lerda I fino all’amarissima esperienza Gustinetti, passando per il transitorio periodo a guida Toma, il Lecce ha fatto ridere, arrivando ai play-off in condizioni disastrose, fisiche e morali e facendo in modo che Trapani e Carpi beffassero i preziosi colori giallorossi.

Poi è arrivata la stagione appena conclusa: apriti cielo! Per solleticare la curva, si è scelto di puntare su Checco Moriero, ma come sempre nemo propheta in patria: 4 partite, 4 sconfitte. Così i Tesoro hanno richiamato Lerda scegliendo il quinto allenatore in due anni, roba da Cellino o Zamparini, se preferite.

Gli undici sono stati ben messi in campo, finalmente. Ma Lerda poteva cambiare la disposizione tattica dei giocatori, non certo l’età all’anagrafe. Il Lecce è arrivato terzo, ha giocato male i play-off, la stanchezza nei calciatori troppo in là con gli anni è uscita tutta e nemmeno a super Fabrizio Miccoli il miracolo è riuscito.

Si fa presto a dire la colpa è degli altri: l’anno scorso i capri espiatori furono Giacomazzi e Chevanton, atleti nel Salento non certo di passaggio; quest’anno se ne troveranno altri alla bisogna, su cui gettare la croce ed intonare il crucifige. Ma l’etica della responsabilità vuole che a trarne le conseguenze siano proprio i comandanti, i padroni, i Tesoro.

È giunta l’ora di cambiare. È più che mai deve essere questo il momento propizio per chiedere agli imprenditori salentini, con il Lecce nel cuore, di fare uno sforzo, di tirare fuori quel poco denaro che serve per prendere una squadra che l’anno prossimo mestamente giocherà in un girone in cui potrebbe esserci il Tuttocuoio o  il Matera, con il rispetto parlando.

È tempo di cambiare, aria nuova e concreta, perché il Lecce non può essere un giocattolino da regalare per far fare esperienza a chi prova in tutti i modi a sedersi al tavolo del calcio che conta. Ahimè, con pessimi risultati.



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