"Se da un lato questa famiglia ha fatto assaporare il gusto piacevole del calcio che conta, è altrettanto vero che essa, però, ha avuto il grande demerito di non essere mai riuscita a toccare il cuore dei tifosi".
Riportiamo di seguito la riflessione del consigliere comunale Massimo Alfarano in merito alla storia calcistica del Lecce, segnata, positivamente e negativamente, dalla famiglia Semeraro.
'Caro granata, ti aspetta Licata'. "Così qualche anno fa, dominando sul campo il potente Torino del patron Borsano che retrocedeva in serie B, sorridevamo in curva, irridendo i tifosi di un club scudettato, che era venuto al Via del Mare con il codazzo dei favori e dei pronostici per fare un solo boccone dei giallorossi e se ne era tornato mestamente a casa, impressionato da uno stadio dipinto a festa dal tifo e dall’entusiasmo. Ma il destino, nella vita come nel pallone, a volte è troppo cinico. In soli tre mesi il Lecce è passato dalla A alla C; quest’anno non affronterà le squadre più blasonate d’Italia, bensì, e lo si dica con tutto il rispetto, l’Entella, il Portogruaro, il San Marino, il Tritium, il Cuneo di Ezio Rossi e così via. Sic transit gloria mundi…
Eppure questa triste vicenda non arriva come un fulmine a ciel sereno; parte da lontano e lontano nel tempo mette le sue radici, obbligandoci, per onestà intellettuale, a fare un bilancio dei 18 anni che hanno segnato la gestione del club da parte della famiglia Semeraro.
Oggi si può dire: ripartiamo pari pari dalla stessa categoria dalla quale i Semeraro ci presero. Purtroppo la parabola è stata disegnata in tutto il suo triste tracciato e la fase discendente suona in maniera ancora più beffarda e amara. Ma questa retrocessione è ancora più triste rispetto a quella che conoscemmo quasi due decenni fa: allora precipitammo nel girone infernale delle Serie C dopo che la proprietà di quel tempo aveva fatto un passo indietro anche per motivi di salute dell’allora presidente. Oggi retrocediamo in Lega Pro a causa di un verdetto che sancisce la colpevole responsabilità diretta della proprietà. E, peggio ancora, con l’infamia sul groppone di un derby comprato; già, un derby, ossia la partita più sacra per un tifoso.
In Lega Pro, come si dice ora con un linguaggio elegante, non sprofonda soltanto una squadra e la sua tifoseria, bensì un’intera città e un intero territorio che anche grazie ai successi calcistici e sportivi era salito agli onori della ribalta. Ad essere sinceri, e senza ipocrisie, va detto che con i Semeraro si è sempre trattato di un amore mai nato, di un amore mai sbocciato. Se da un lato questa famiglia ha fatto assaporare il gusto piacevole del calcio che conta, è altrettanto vero che essa, però, ha avuto il grande demerito di non essere mai riuscita a toccare il cuore dei tifosi, a far decollare l’amore con il pubblico e la città. Sin dalla Presidenza Moroni si è avuta quasi l’impressione che la proprietà ed il management volessero posizionarsi su un piedistallo, seduti su poltrone che non ammettevano il dialogo, il confronto e la critica. Tutti gli altri, a cominciare dai tifosi, dovevano essere giù da quel piedistallo e pertanto dovevano essere guardati dall’alto in basso.
Non è per nulla casuale il fatto che il numero dei tifosi presenti allo stadio sia continuamente ed inesorabilmente sceso, stagione dopo stagione. Il trend negativo che parte da lontano ci dice chiaramente che la disaffezione aveva radici più profonde di quelle addebitabili al calcio in tv o alla tessera del tifoso: si è trattato inequivocabilmente di mancanza d’affetto, di mancanza di rapporto.
Il calcio è un bene comune, e non può essere gestito come si gestiscono le altre aziende della holding. Ci sono delle ferite nel rapporto tra i Semeraro e la tifoseria che non si sono mai chiuse, mai rimarginate, mai cicatrizzate. Penso al 2008, per esempio, all’anno del Centenario, quando la famiglia si tirò fuori dai festeggiamenti pubblici, ma non esimendosi certo dal realizzare felpe, maglie, gadget e tutte le diavolerie possibili ed immaginabili che il merchandising ha consentito loro di vendere nel Lecce Store. Infine, i Semeraro, si è scoperto solo pochi giorni fa, restano assoluti ed esclusivi proprietari di alcuni giocatori (ovviamente quelli dai quali si può fare cassa….).
Bene, non ci sarebbe nulla da dire se, come purtroppo sembra essere accaduto, i medesimi non fossero stati responsabili diretti (attraverso la condotta dell’allora Presidente Semeraro Junior) del capitombolo dell’U.S. Lecce in Lega Pro e ciò anche dopo aver tirato i remi in barca con la famigerata “autogestione” da qualche anno…
Invece di risarcire la Città e i tifosi (e in tal senso si era presentata un’occasione più unica che rara su un vassoio di platino…), rinunciando almeno in parte a fare soldi con i giocatori più utili al Mister Lerda, hanno invece deciso di gettare sale (da buoni proprietari di saline…) sul terreno per non fare crescere l’erba.
Oggi il Lecce esordisce con la Cremonese, 18 anni dopo l’ultimo campionato di C.
L’entusiasmo di questi giorni fa ben sperare. Quella dei Semeraro, alla fine, è stata solo una parentesi nemmeno delle più rosee, visto il punto di apertura e di chiusura. Forse a Lecce è finito il grande calcio, ma il cuore giallorosso batte più forte di prima".
