Chiacchiere, frappe o bugie: tanti nomi per il dolce simbolo del Carnevale

Cambiano il nome da regione a regione, ma hanno una cosa in comune: sono uno dei dolci più famosi di Carnevale. Ecco la ricetta per preparare le chiacchiere.

«Paese che vai, usanza che trovi», recita un noto detto popolare. Così è anche per il dolce simbolo del Carnevale che cambia nome, ma mai la sua fragrante bontà. C’è chi le chiama chiacchiere, chi bugie, chi ancora frappe e cenci, ma nonostante le mille varianti che si incontrano di regione in regione e le tante ricette che cambiano a seconda di come sono state tramandate, questa leccornia evoca a tutti ricordi, aneddoti e profumi come quelli che si sprigionano nella cucina quando vengono preparate.

Si dice che sia nato da un ‘desiderio’ di Margherita di Savoia che chiese al cuoco di corte di preparare un dolce che potesse allietare lei e i suoi ospiti. Per assecondare la richiesta della sua sovrana, lo chef di palazzo, tale Raffaele Esposito, inventò le chiacchiere, Semplice da preparare, gustoso e perfetto da mangiare “tra una chiacchiera e l’altra”. Ma come per i nomi esistono tante storie diverse sull’origine di questa ricetta. Secondo un’altra tradizione, questo dolce risale all’epoca dell’antica Roma, durante i festeggiamento legati ai Saturnali, ricorrenza in onore dell’antico dio romano Saturno.

La ricetta delle chiacchiere

Servite cosparse di zucchero a velo, con una colata di cioccolato fondente o con il miele, le chiacchiere sono amate da tutti, grandi e bambini un po’ per la sua forma piena di ‘croccanti’ bolle. Ogni morso sa di allegria, di magia, di Carnevale periodo in cui vengono preparate. Ecco la ricetta per farle in casa.

Ingredienti

  • 1 kg di farina 00;
  • 150 gr di zucchero semolato;
  • 200 gr di burro;
  • 1 tazzina di olio;
  • 4 uova;
  • 2 tazzine di anice;
  • una bustina di vanillina (facoltativa);
  • una bustina di lievito per dolci;
  • 300 gr di zucchero a velo per la decorazione; olio per la frittura.

Procedimento

  1. Setacciamo la farina sulla spianatoia e disponiamola a fontana. Uniamo tutti gli ingrendienti: lo zucchero semolato, il burro leggermente sciolto, l’olio, le uova leggermente sbattute, l’anice, la vanillina e il lievito per dolci. Impastate velocemente tutti gli ingredienti.
  2. Quando otterrete un panetto liscio ed omogeneo, avvolgetelo nella pellicola trasparente e lasciatelo riposare per circa un’ora nella parte meno fredda del frigo. Trascorso questo periodo, riprendete l’impasto e dividetelo in 4 parti.
  3. Infarinate leggermente la spianatoia ed iniziate a stendere la prima sfoglia. Dovrete ottenere una sfoglia di qualche millimetro, lo spessore dipende principalmente dal risultato che volete ottenere. Ricordate: più la sfoglia è sottile più la chiacchera risulterà croccante e friabile.
  4. Ritagliate dei fazzoletti di circa 6 cm x 3 cm, potete decorare le chiacchere anche con qualche
    taglio all’interno. Proseguite in questo modo fino ad esaurire tutto l’impasto.
  5. Fate riscaldare l’olio in una casseruola. Quando l’olio caldo, iniziate a friggere le sfoglie. Saranno necessari pochi minuti per lato. Le sfoglie saranno pronte appena risulteranno di un bel colore dorato.
  6. Scolatele ed adagiatele delicatamente su una teglia foderata con carta assorbente. Proseguite fino a friggere tutte le sfoglie.
  7. Appena le sfoglie risulteranno fredde, sistematele a strati e cospargetele, aiutandovi con un colino, di zucchero a velo.

Solitamente questo è il momento in cui le case salentine si “impregnano” del dolce profumo delle chiacchere salentine, una delizia per il palato e non solo. Sono tanti, tantissimi i ricordi del passato che riaffiorano in suono, in un profumo, in un luogo…ricordi che stimolano le nostre emozioni più intense, quelle legate alla nostra infanzia.

Come succede da anni per le zeppole di San Giuseppe, la ricetta tradizionale è cambiate per rispondere alle esigenze dei più ‘salutisti’, restii all’uso dell’olio. Per questo, le chiacchiere possono essere cotte anche al forno. Un modo per non rinunciare ad un peccato di gola.



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