Di sopra o di sotto, ma sempre sponzata ad arte. È la frisella la regina dell’estate salentina

Con il buco o senza, di sopra o di sotto, di orzo o di grano poco importa. La frisella è uno dei prodotti tipici che hanno reso popolare il Salento

Anche i turisti in vacanza nel Salento che vogliono conoscere i prodotti tipici locali hanno imparato ad amare la frisella, il suo “nome italiano” per sollevare chi non è del posto dall’impresa difficile, se non impossibile, di pronunciare il ddha (ddhra). Il cibo dei poveri, che tanto povero oggi non è, ha conquistato i palati degli “stranieri” che la cercano sui menu delle trattorie e dei ristoranti, attratti dalla popolarità di questo ‘pane da viaggio’ cotto e poi spaccato che ha ormai superato i confini locali. Come accaduto per il pasticciotto, il rustico e il caffè in ghiaccio con latte di mandorla, sono diventate un vero e proprio simbolo di salentinità.

Mangiare questo bis-cotto di grano duro, impastato con acqua, sale e lievito con un foro al centro che, in passato, serviva a infilare le friselle in una collana per trasportarle in barca o in campagna, è un vero e proprio rito che comincia dalla ‘sponzatura’. Una volta ‘bagnata’ come si deve, quel che ci metti sopra a quel punto, che sia pomodorino o tonno, ricotta scante o mozzarella, è solo un piccolo, ma gustoso dettaglio.

Una storia cominciata ai tempi delle Crociate

Secondo la leggenda, l’origine di questo piatto è molto antica. Risale ai tempi delle dei Crociati, quando i Cavalieri partivano, dai porti di Otranto e Brindisi, carichi di scorte per affrontare il lungo viaggio verso la Terra Santa. Il costo basso, la lunga conservazione e la facilità con cui poteva essere trasportato rendeva la frisella un cibo ideale per le lunghe traversate. Bastava immergerla un secondo nel mare per avere una bontà da gustare con un filo di olio di oliva. Per questo viene chiamata anche «pane dei crociati».

Un’altra leggenda racconta che la frisa sia stata portata in Salento da Enea, quando l’eroe cantato da Virgilio, in fuga da Troia, sbarcò sulle coste Porto Badisco (anche se l’approdo è considerato Castro).

Sono finiti i tempi in cui le famiglie ne sfornavano in quantità (quelle benestanti rigorosamente di grano, le più povere di orzo), per mangiarle anche a colazione immerse nel latte (tanto potevano essere conservate per mesi nelle capase), ma la frisella continua a non mancare nelle dispense e sulla tavola. È un comfort food, come si usa dire, quel cibo che, quando lo mangi ti fa stare bene. E ti ricorda il passato.

Con il buco o senza, di sopra o di sotto, di orzo o di grano, mangiala. Buon appetito



In questo articolo: