Due riviere e una vocazione naturale di chiaro stampo peninsulare, il Salento è così, un trampolino sul mare che con il mare deve fare i conti se vuole garantirsi spazi di crescita e di sviluppo. Come avvenuto parzialmente in alcune realtà come San Foca, dove nel 2007 fu varato un modello di Porto turistico di respiro nazionale, così dovrebbe avvenire ovunque, perché diportismo, pescaturismo e vacanza in barca sono una vera e propria esigenza di carattere ancestrale. E invece la provincia di Lecce fa fatica, e a differenza di altre realtà meno ricche di dotazioni naturali, ha pochi approdi e anche confusi, ridotti a scali.
Lecce per esempio con i suoi 20 km di costa e un fronte mare enorme dovrebbe poter contare su un grande porto turistico, in chiave europea, attrezzato e al passo con i tempi, in linea con gli standard qualitativi di una vera e propria capitale del Turismo, ma in antitesi a questa visione la città capoluogo non ha nulla, e San Cataldo non solo non ha uno scalo dotato dei minimi requisito di dignità ma offende il profilo marittimo continuando a chiamare darsena quello che dovrebbe essere un porto anni 2000. Al di là del nome che suscita vergogna manca una politica cittadina capace di mettere a fattori comune le tante vocazioni di un territorio che andrebbe interpretato e vissuto con logiche ben diverse.
Restano altre situazioni da rafforzare, ma intanto lasciamo sedimentare questa lettura, per poi lanciare nuove proposte nei prossimi giorni.