Tuturano e Salignano: due torri, una storia. Il viaggio lungo la costa del Salento continua

Alla scoperta di un Salento nascosto tra i vicoli e i ruderi delle sue frazioni in un percorso immaginario ricco di fascino, in una terra che sa ammaliare chi viene a scoprirla. Leccenews24 vi racconterà i luoghi più belli, tappa per tappa.

Di torri abbiamo parlato e, sicuramente, torneremo a farlo, ma quelle di cui racconteremo stavolta sono speciali come poche perché, sebbene l’una all’opposto dell’altra, la storia che le lega è pressoché la stessa, non fosse per il loro differente destino.

La prima che andiamo a scoprire si trovanel cuore di Salignano, frazione di Castrignano del Capo di appena 800 anime. È la cosiddetta ‘Torre di difesa’, una struttura alta ben 15 metri il cui colore, tipico del carparo locale, contrasta con il candore delle abitazioni circostanti la piazza che la ospita. Confesso che non avrei mai pensato di trovarmi di fronte a qualcosa del genere finché, nel 2010, non mi ci recai dopo aver letto di una fantomatica sagra, di non ricordo bene cosa, su una locandina affissa in un bar di Gagliano.

Ciò che più mi sorprese fu la cura che i salignanesi ne avevano e il loro viversela trascorrendoci le calde serate d’estate seduti a parlare lì attorno nell’attesa che un refolo di vento rinfrescasse l’aria. Ricordo ancora un abitante del posto che, vedendomi squadrarla tutta da cima a fondo, catturando alcuni scatti fotografici, mi si avvicinò chiedendomi “vishtu ce beddha la torre noscia?”.. e aveva ragione! Non solo lo era dall’esterno ma, ancor di più, all’interno che, fortunatamente, quella sera era aperto al pubblico.

L’ingresso, posto sul lato posteriore della piazza, conduce in un ampio androne, all’apparenza cieco, che segue il perimetro  circolare dell’impianto in cima al quale vi è un soffitto con un oculo che lascia intravedere uno spazio superiore a cui si accede, esclusivamente, attraverso una strettissima scala a chiocciola che si apre subito a destra dell’uscio di cui dicevo prima. Una volta di sopra, ci si ritrova in un’altra stanza al centro della quale, sul pavimento, si può notare lo stesso foro sopracitato. Mi spiegarono che, quando la torre fu costruita, Salignano era vittima delle scorrerie saracene che imperversavano nel Salento nel XVI secolo e, così, la popolazione vi si rifugiava in attesa che il pericolo passasse, ma, ciò che continuava ad attirare la mia attenzione, era quel ‘buco’ e la sua ragion d’essere. Che il tutto fosse studiato per evitarne l’espugnazione era chiaro ma, lo scopo di quell’apertura che metteva in comunicazione le due sale, continuava a sfuggirmi: fu quello che credo fosse il custode a rivelarmi che serviva alla gente per calarcisi con una biscaglina a raccogliere qualche provvista per, poi, ritirarla immediatamente su una volta ritornati…  geniale!

Ma se questa si trova nei meandri più estremi della penisola salentina, qualcosa del genere, anni dopo, l’ho ritrovata a quasi 120 chilometri di distanza, dove la magia del nostro territorio ha inizio. Parlo della ‘Torre di Sant’Anastasio’, situata tra i vicoli di Tuturano, frazione di Brindisi. Vorrei poter dire di esserci entrato raccontandovene la storia ma, ahimè, devo deludervi perché, quest’utentico pied-à-terre del  XII-XIII secolo, unico superstite della distruzione adoperata dai soliti saraceni nel ‘400, era chiudo. Peccato perché avrebbe, sicuramente, anche lui  molto da dire come già fanno le sue merlature e l’effige in pietra bianca che riporta l’immagine del santo da cui prende il nome.

Pare che le uniche notizie a riguardo siano custodite oggi presso le curie di Lecce e Brindisi, questo perché, Tuturano, non era che una zona palustre di proprietà dei conti normanni del capoluogo salentino che la utilizzavano per la caccia finché, in seguito, non passò nelle mani dei conti Balsamo di quello messapico fino all’avvento del fascismo che la bonificò.

Sarà per passione personale o per senso di appartenenza, ma sono posti bellissimi da visitare perché, come diceva Indro Montanelli, “un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente” e, se mi è permesso, non può avere grandi prospettive future, aggiungo io.

 



In questo articolo: