Nel dibattito sul costo della vacanza in Salento bisogna riportare il tema della qualità, andando con ordine. Innanzitutto parliamo di una meta turistica non facilmente raggiungibile, che quindi dovrebbe risultare allettante e conveniente proprio per sopperire alla fatica di doverla raggiungere, lontana in automobile, mal collegata con treni e bus e con tratte aree contate sulla punta delle dita.
Accanto a questo, per noi salentini che scriviamo, si pone il problema della qualità dei servizi e dei prodotti offerti. Non sempre nella ristorazione la qualità degli alimenti presentati merita il prezzo nel menù e spesso non lo merita il servizio reso e il decoro degli ambienti.
C’è poi tutta una valutazione da riferire al contesto scenografico che, mare a parte, spesso non è all’altezza della situazione, con campagne abbandonate, ulivi disseccati o tagliati, zone ridotte a zolle di terra in bella vista senza impianti sostitutivi. Insomma, tanti i deficit oggettivi che meriterebbero un intervento generale e d’autorità per calmare i prezzi. Non che uno decide da sé quanto far pagare un piatto di pesce o un ombrellone sulla spiaggia in base a non meglio precisati criteri di autovalutazione.
Come il caffè che ha un costo definito convenzionalmente, tutto dovrebbe rientrare in un profilo di ragionevolezza. L’affitto di una postazione in un lido balneare può variare in base alle diverse località, ma di poco.
Un cocktail in piazza San Marco può costare quanto una cena a base di pesce, ma perché è Venezia, un luogo irripetibile e unico al mondo, ma non vale sulla spiaggia di una qualsiasi marina della Puglia, anche se l’acqua del mare è cristallina.
E non vale nemmeno il discorso dell’innalzamento del target, o della ricerca di un turismo esclusivo, perché il turismo esclusivo o d’elite non lo fanno i prezzi alti, ma l’alta qualità. Un fatto che richiede l’osservanza di tutti i punti rilevati in precedenza, trasporti, pulizia e decoro di strade e campagne, professionalità di operatori e dipendenti. E poi si vede chi merita e chi no. Ma questo, come diceva una fortunata pubblicità degli anni 90, lo decidono loro.
