
Minervino di Lecce, il paese del Dolmen e delle Chiese. Sant’Antonio con i suoi ‘colori’ ritrovati dopo il restauro; la Chiesa madre dedicata a san Michele Arcangelo con il suo ricamato rosone, un merletto di pietra che, il giorno dell’equinozio di primavera e d’autunno, proietta il sole del tramonto sulla parte alta dell’abside; San Pietro con la scritta a ricordare che «Comu lu lione et lo re della nimali, cu si Minerbino et lo re de li casali»; Santa Croce con i suoi splendidi affreschi e Santa Lucia, o della Madonna Immacolata: ogni luogo di culto ha tanto da raccontare della sua storia protetta, delle mani che hanno costruito quelle mura che mormorano preghiere…
Ma c’è una chiesa, non meno bella delle altre, che ha qualcosa di unico. È la chiesa rupestre della Madonna delle Grazie. La prima sorpresa si svela superata la porta della cappella del Seicento che si affaccia sulla strada che conduce al vicino comune di Giuggianello. È la scalinata, quei dodici gradini che ti accompagnano al pregevolissimo altare barocco, datato 1680, l’anno, forse, in cui terminarono i lavori per la costruzione della cappella, realizzata con le offerte del popolo. La Chiesa, un’unica navata dalla volta in carparo, infatti, è posta sotto il manto stradale, illuminata da nove finestre a griglia, otto sulle fiancate e una sulla facciata.
La seconda sorpresa è senza dubbio l’altare, finemente intagliato nella pietra leccese, che accoglie una tela seicentesca, dono – si racconta – di un marinaio scampato ad una violenta tempesta. L’altare di pietra ben intagliato è descritto anche in un documento del 1769 che riporta lo stato della cappella con la porta che guarda il mezzogiorno, della piccola casa «che serve per abbitare l’Oblato» e del piccolo giardino lasciato «per un voto del fu don Giuseppe Panico». In questa cappella – si legge – si dovevano celebrare «venti messe per l’anima del fu Antonio Accoto» che aveva lasciato un capitale di 50 ducati. E la consueta messa nel primo giorno di maggio, per devozione.
Le altre meraviglie sono nascoste. Leggenda racconta che la cappella sia stata costruita su un’antica cripta ipogea, scavata dai basiliani sia per rifugiarsi dalle persecuzioni, sia per avere un luogo dove pregare. Abbandonata dai monaci, “conquistata” da rovi e sterpaglie che l’hanno nascosta e protetta per anni, è stata riscoperta per puro caso e consegnata ai giorni nostri. Chissà che i lavori di restauro in corso non svelino i segreti tramandati da generazione in generazione, come quello che se appoggi l’orecchio sull’altare riesci a sentire il mare o l’acqua che scorre.
Intanto la popolazione si è mobilitata per raccogliere i fondi mancanti e necessari a completare il recupero del piccolo gioiello, reso possibile da un importante finanziamento, derivante dall’8 per mille alla Chiesa Cattolica, che copre il 75% della spesa complessiva.
Restituiamo alla Chiesa della Madonna delle Grazie, che accoglie da secoli chi fa ingresso nel paese, il suo antico splendore.