Passeggiando per le stradine del centro storico di Otranto è impossibile non notare la bellezza della Cattedrale dedicata alla Vergine Annunziata che ha tanto da raccontare della sua storia, cominciata quando si decise di costruire un luogo di culto sui resti di una domus romana, grazie all’aiuto della gente comune, chiamata a partecipare all’ambiziosa impresa, trasportando pietre, calce e legname.
L’uomo è capace di cose straordinarie, in gradi di incantare e di stupire, ma è altrettanto abile a distruggerle, come quando nel 1480 la chiesa, completamente ricoperta di affreschi, fu rovinata dagli Ottomani che trasformarono l’edificio in una moschea. Salvarono il pavimento in mosaico, quel tappeto di pietre colorate che lascia senza parole.
Due secoli prima, tra il 1163 e il 1165, il vescovo Gionata aveva affidato a Pantaleone il compito di creare un capolavoro: un grande libro di pietra dura con 600mila tessere. Come uomo di Chiesa, il presbitero conosceva bene le Sacre Scritture, ma come uomo del suo tempo aveva ascoltato miti e leggende, nelle tante versioni più o meno affascinanti, impresse per sempre nel suo “pavimento parlante”. Fede e fantasia insieme per creare un gioiello di arte che ha il compito di prendere per mano il visitatore e portarlo, tra moniti ed insegnamenti, tra gioie e prove della vita, a percorrere il suo cammino spirituale.
Sul pavimento, che per natura nasce per essere calpestato, non sono mai disegnati Cristo e la Vergine. In compenso ci sono profeti, angeli e demoni, bene e male, sacro e profano, oriente e occidente, un “guazzabuglio” di figure per definirlo con le parole dello storico francese Emile Bertaux.
Il mosaico, un’enciclopedia medievale per immagini
16 metri, dall’ingresso fino all’altare, la lettura del mosaico comincia dall’alto, come si legge un testo. La prima pagina non poteva che cominciare con il racconto del peccato originale. Sedici medaglioni – in cui sono raffigurati uomini e animali, reali o fantastici – racconta come le creature di Dio vivessero in armonia, simboleggiata dalla musica. Al centro, infatti, Pantaleone ha raffigurato un asino rampante con la lira che ricorda Orfeo: il talentuoso suonatore – capace, con la sua cetra, di incantare gli animali e di ammansire anche le bestie feroci – scese nel mondo degli Inferi per riportare nel mondo dei vivi la sua amata Euridice. L’asino, mansueto e paziente, è emblema di Cristo che, le cui melodie, è capace di toccare i cuori di tutti. Quando Adamo e Eva furono cacciati dall’Eden, l’equilibrio si è spezzato. E da allora l’uomo è stato costretto a misurarsi con il tempo, la fatica e la speranza di tornare all’armonia perduta, risalendo il maestoso albero, metafora della vita.
Dopo aver raccontato, ancora, l’episodio di Adamo e Eva cacciati dal Paradiso Terrestre, e la vicenda di Caino e Abele, il monaco disegna il Calendario, dove i segni dello Zodiaco affiancano uomini e donne impegnati nei diversi lavori agricoli e stagionali, nel rispetto della Natura e del Tempo: la raccolta del grano, la produzione del vino, l’aratura dei terreni, il pascolo, la caccia al cinghiale, l’allevamento dei maiali. Tanto lavoro, ma anche scene di ozio, come un uomo nudo che si pulisce i piedi, oppure una donna molto elegante seduta su uno sgabello.
La rappresentazione del Diluvio Universale e delle gesta di Noè, dalla costruzione dell’arca all’ingresso
degli animali, annunciano la storia della torre di Babele. Particolarmente interessante è la leggenda del Volo di Alessandro Magno tra due grifoni, per indicare simbolicamente il desiderio del macedone di essere immortale sfidando lo stesso Dio.
C’è anche una scacchiera, tradizionale simbolo templare, e Re Artù, in un punto che non sembra cronologicamente coerente con l’epoca in cui le vicende si svolsero. In tanti hanno pensato alla leggendaria ricerca del Santo Graal, un altro simbolo, nemmeno tanto nascosto, che troviamo nel mosaico.
ph. Jvan Giannone