Anche il Salento ha le sue streghe. Ecco dove trovarle

Anche il Salento, terra dove il sacro e profano si fondono per dare vita alle tradizioni popolari note e meno note, ha le sue leggende legate alle streghe.

Esiste un luogo sospeso nel tempo, a metà strada tra leggenda e realtà. Parliamo di un fazzoletto di terra tra Giuggianello, Giurdignano e Minervino di Lecce, dove tra gli ulivi secolari si nascondono dei veri e propri “monumenti naturali” che hanno resistito al tempo e alla memoria.

Considerata di pari importanza alla più famosa “Stonehenge” grazie ai suoi dolmen, menhir e rocce sacre, questa zona è un luogo di leggende e di suggestioni che hanno come protagonisti ninfe, vecchie fattucchiere e folletti (“scazzamurieddhi”). In effetti, quelle campagne che custodiscono un patrimonio di inestimabile valore, di fiabe ne ha ispirate tante.

Ricca di fascino, ad esempio, è la leggenda secondo cui i «Massi della Vecchia» erano la dimora di una strega “la striara” che, al tramonto del sole, lanciava le sue “macarie” contro coloro che osavano profanare quel luogo sacro. Chi si imbatteva lì e osava guardarla in volto veniva obbligato a saltare fino allo stremo. “Zzumpa pisara cu la camisa te notte…” canta una vecchia nenia che prevede anche la risposta del malcapitato “se scappu de stu chiaccu nu nci essu chiui de notte”.

Secondo un’altra versione, con l’aiuto di un vecchio orco (o di suo marito, lu nanni orcu) la strega si ‘divertiva’ a trasformare in pietre chiunque non sapesse rispondere alle sue domande. In tanti cadevano nella sua trappola allettati dalla ricompensa in caso di risposta giusta: una gallina dalle uova d’oro. Purtroppo nessuno ha mai saputo rispondere, per questo le campagne della zona sono puntellate di rocce.

La stessa zona – secondo Nicandro di Colofone – fu teatro di una sfida tra fanciulli e fate. Fino a qualche anno fa, i contadini vietavano ai loro figli di recarsi nel campo dei grandi massi perché lì, si favellava, «possono apparire le “fate”», creature femminili di estrema bellezza che possono “stregarti”.

Le ‘streghe’ di Uggiano

Si mormora che per il sabba le streghe si riunissero a Uggiano intorno ad un “noce del mulino a vento”. Del gruppo faceva parte anche una locandiera del posto che, in una notte di luna piena, lasciò il marito da solo nel locale pieno di gente per partecipare al rito insieme alle sue amiche.

Quando il vino e la panecotta iniziarono a scarseggiare l’uomo – conoscendo il segreto della sua metà – si recò all’albero ‘magico’, ma giunto sul posto sbagliò la formula. Invece di dire “sutta l’acqua e sutta lu jentu/sutta lu noce de lu mulinu a jentu” pronunciò “susu all’acqua e susu allu jenti/susu lu noce de lu mulinu a jentu”. Per quell’errore fu risucchiato in aria a testa in giù.

La moglie, vendendolo penzolare, recitò una formula. Parole che lo fecero cadere per terra, salvandolo da morte certa. Da allora, per evitare altri episodi incresciosi, quell’albero è rimasto ‘segreto’ per evitare malocchi e sfortune. Si dice che sia ubicato a pochi passi da un antico frantoio ipogeo, ma nessuno ha mai saputo indicare esattamente dove si trova. O voluto, svelarlo.

Le anziane del paese mormorano che, soprattutto nelle notti di luna piena, qualcuno sente ancora dei rumori simili a canti o risate che si diffondono nell’aria.

La Guglia di Soleto

Ricca di ‘fascino’ è la storia della Guglia degli Orsini del Balzo, a Soleto. Nella “terra dei macàri”, infatti, c’è una torre quadrangolare talmente suggestiva da lasciare senza fiato, ma anche un occhio meno attento non potrà fare a meno di notare quelle figure umane e bestiali scolpite nella pietra leccese. Secondo la tradizione popolare, il campanile fu costruito in una sola notte dove infuriava la tempesta, da Matteo Tafuri, celebre alchimista e filosofo, esperto in esoterismo. Per realizzare un’opera così imponente e maestosa ‘il mago di Soleto’ si servì di streghe, demoni e spiriti evocati dal regno oscuro. L’esercito chiamato a raccolta doveva terminare tutto prima dell’alba, ma qualcuno fu ‘sorpreso’ dal canto del gallo e non riuscendo più a trovare la via del ritorno negli inferi furono pietrificati nella torre.

La storia raccolta altro, che Matteo Tafuri non potè costruire la Guglia, essendo nato un secolo dopo, ma il Salento è una terra dove sacro e profano si mescolano e si confondono.



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