Il sindaco di Melendugno coltiva la speranza di vincere la guerra sulla Tap alla fine, anche se è consapevole del fatto che il prezzo di una guerra è sempre molto alto. Il confine della speranza di Marco Potì coincide con lo spostamento del sito. Che si faccia insomma, ma che non si faccia a San Foca.
Sono ore decisive in attesa del voto della Camera chiamata alla ratifica del Trattato Italia – Grecia – Albania. Potì non nasconde la sua fiducia, ma nemmeno i timori e considera plausibile la possibilità di spuntarla. “Se il treno deve procedere in quella direzione, come temo – ci confida – almeno che si cambi binario”. L’immagine funziona e appare al sindaco come il massimo del bottino di guerra che si possa portare a casa.
L’opera, considerata strategica, probabilmente non sarà bloccata dal movimentismo territoriale, ma San Foca se la vuole giocare fino in fondo questa partita, perché l’idea del gasdotto, così come viene trasferita nell’immaginario collettivo, è terrificante.
Sulla convocazione dei parlamentari, quasi tutti assenti ieri, perché impegnati altrove, il sindaco è morbido e spiega: “è stata una convocazione attuata in fretta e furia, in meno di 48 ore non si poteva pretendere da nessuno un cambio repentino dell’agenda. Ci serve tempo però, ecco perché abbiamo invocato una sospensione o un rinvio della ratifica del DDL, la compattezza ideale manifestata da tutti ha un senso solo in questa direzione. Molti non sanno nemmeno cosa andranno a ratificare”.
Melendugno e il Salento hanno imparato da questa vicenda che economia e territorio, istituzioni e cittadini, faticano a viaggiare insieme e raramente coincidono negli obiettivi.
La vicenda Tap rischia di diventare uno spartiacque fra ieri e oggi. Una nuova consapevolezza sta crescendo, questo è vero, e tutti hanno imparato che il silenzio non aiuta. A volte bisogna davvero alzare la voce e gridare i propri bisogni. Prima o poi un arbitro fischierà il rigore.