Gialplast ‘diffidata’ a riassumere i lavori licenziati. A Gallipoli c’è chi chiede la risoluzione del contratto

Due giorni di agitazione proclamati dal sindacato per chiedere il reintegro dei lavoratori ingiustamente licenziati. A Palazzo Balsamo, intanto, tre consiglieri chiedono al sindaco la risoluzione del contratto con GialPlast

Ha proclamato due giorni di protesta il Cobas di Lecce nelle giornate del 23 dicembre (a Gallipoli) e della Vigilia di Natale (a Taviano) per esprimere tutta la propria vicinanza ai lavoratori licenziati dalla ditta GialPlast che si occupa della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti in vari comuni salentini .

«La Costituzione Italiana – scrivono dal Sindacato per rimarcare l’ingiustizia subita dai propri iscritti – prevede all’art.1 che l’Italia è fondata sul lavoro, che rappresenta il principio cardine su cui si è costituito l’ordine democratico e che subordina l’attività lavorativa al rispetto delle leggi della civile convivenza, del codice civile e dei contratti collettivi nazionali».

Eppure sembra che a volte ci si dimentichi di questo principio fondante della Nazione, dicono dal Cobas, visto che non si comprende come mai i lavoratori illegittimamente licenziati dall’azienda e reintegrati dalla Magistratura del Lavoro non siano ancora al loro posto, ma continuino a rimanere a casa senza percepire lo stipendio e le mensilità arretrate dovute.

Diffida del sindaco Minerva a Gialplast

Per questo il Sindaco di Gallipoli, Stefano Minerva ha diffidato l’azienda a reintegrare immediatamente i lavoratori, dichiarando che se non dovesse farlo si vedrebbe revocato l’appalto.

Tutto era partito dall’interdittiva antimafia

Ricordiamo che tutto è nato da un’errata interpretazione dell’Interdittiva Antimafia che, in una applicazione ritenuta poi erronea da alcuni tribunali del lavoro della Repubblica Italiana, ha causato danni peggiori dei presunti rimedi.

«L’interdittiva antimafia che colpisce gli amministratori delle società – scrivevano in un comunicato gli stessi sindacati il 9 dicembre scorso – nel nostro caso ha prodotto altri effetti, cioè il datore di lavoro ha licenziato i lavoratori che non avevano niente a che fare con l’interdittiva antimafia stessa. Attualmente ancor di più si avvalora la tesi che i licenziamenti debbano essere tutti revocati con il ritorno al lavoro immediato; già prima con l’interdittiva antimafia la Prefettura di Lecce non aveva detto di licenziare il personale con reati penali; adesso con la sospensione del Tribunale di Lecce si appalesa ancor di più la tesi che i licenziamenti rimangono illegittimi».

La norma infatti mira ad allontanare dai posti di lavoro chi – sia tra le figure apicali che tra i lavoratori semplici – intessa rapporti con le organizzazioni mafiose diventandone succube; non certamente chi, avendo sbagliato in passato ed avendo scontato la sua pena con lo Stato, non ha nulla a che vedere con episodi malavitosi recenti. Così facendo si corre il rischio di cancellare quel principio costituzionale secondo il quale chi ha sbagliato ed ha pagato, ha il diritto di ricominciare una nuova vita nella legalità senza portarsi appresso alcun peso ulteriore.

«La Magistratura del Lavoro di Lecce, di Brindisi e di Foggia ha dichiarato più volte l’illegittimità dei licenziamenti obbligando al reintegro i lavoratori sul posto di lavoro. Addirittura a Lecce un lavoratore ha vinto in due gradi di giudizio e non è stato ancora reintegrato. Questa situazione assurda ha messo in serie difficoltà economiche anche le famiglie di questi lavoratori. Questa vicenda tutta italiana stava creando un effetto domino in tutte le aziende salentine, e non solo, che di conseguenza hanno iniziato a licenziare tutti dipendenti con precedenti penali. Si spera adesso che anche altre società operanti nel settore ambientale possano far ritornare sul proprio posto di lavoro i dipendenti licenziati viste anche le pronunce della Magistratura del Lavoro positive per i lavoratori. Questi dipendenti con precedenti penali non sono stati assunti nemmeno nei cambi di appalto tra società uscente e società subentrante anche se vi era una clausola sociale di salvaguardia del personale cantierizzato che lo imponeva».

Gallipoli, 3 consiglieri comunali chiedono la risoluzione del contratto con GialPlast

La vicenda di Gallipoli ha assunto anche dei risvolti politici e non si è fermata soltanto alle rivendicazioni di carattere sindacale. Nella fattispecie i consiglieri comunali a Palazzo Balsamo Flavio Fasano, Giuseppe Cataldi e Sandro Quintana hanno presentato una interrogazione urgente al Sindaco Stefano Minerva – che stamattina, tra l’altro ha incontrato la delegazione dei lavoratori – in merito all’appalto del servizio di Nettezza Urbana con richiesta di risposta scritta ai sensi del comma 10 dell’art. 26 del Regolamento Comunale richiedendo la risoluzione del contratto per grave inadempimento del gestore.


I consiglieri, infatti, intravedono un danno erariale subito dal Comune di Gallipoli a causa degli illegittimi licenziamenti che avrebbero diminuito la forza lavoro operante su un territorio che avrebbe bisogno di rafforzare l’attività di raccolta senza il corrispettivo decurtamento delle somme erogate per un servizio svolto da un minor numero di addetti come previsto dal Capitolato. Ciò insieme a numerose altre violazioni del contratto sottoscritto con i gallipolini e a vari disagi nella raccolta dei rifiuti – da ultimo in zona ospedale ma in estate in altri posti della città – comporterebbe il diritto dell’Amministrazione, a detta dei consiglieri interroganti, a cancellare il rapporto di collaborazione con l’azienda.