“Sono stato minacciato dai parenti di un boss della Scu”, ma si era inventato tutto: artigiano nei guai

Un artigiano 35enne di Lizzanello è finito ai domiciliari per calunnia aggravata. Aveva denunciato due ‘usurai’, parenti di un boss della Scu.

Aveva confidato agli uomini in divisa di essere stato minacciato da due persone, parenti di un esponente di spicco della Sacra Corona Unita, finito dietro le sbarre per reati gravi. Tutta colpa dei debiti che aveva ‘accumulato’ con la famiglia che aveva usato le maniere forti perché la sua azienda di infissi metallici era in crisi e non sapendo come andare avanti si era rivolto agli ‘amici sbagliati’.

Aveva raccontato di essere stato picchiato con il calcio di una pistola e per dimostrare le ferite riportate aveva esibito persino un referto del Pronto Soccorso. Aveva paura, anche di uscire da casa. Sembrava un altro caso di imprenditori caduti nelle grinfie degli strozzini.

Le sue parole, infatti, erano così “gravi” e ricche di particolari che i Carabinieri non hanno potuto far altro che avviare le indagini anche per ‘salvargli la vita’, per evitare che quelle minacce prendessero una piega drammatica. L’uomo non era in pericolo: si era inventato tutto. Una menzogna che gli è costata l’accusa di calunnia aggravata. A finire nei guai, nelle scorse ore, è Francesco Babila, artigiano 35enne di Lizzanello.

“Minacciato dai parenti del boss”

L’uomo, come detto, aveva denunciato ai militari di essere stato minacciato da due individui, imparentati con un boss della Scu. Non solo, aveva anche puntato il dito contro di loro, accusandoli di essere gli autori di un furto di profilati metallici dalla officina del valore di circa 20mila euro. Una “garanzia” del debito che aveva contratto e non riusciva a ripagare. Le minacce non erano state solo fisiche, come nell’aggressione con il calcio di una pistola, ma anche telefoniche.

La verità

Quando gli uomini dell’Arma hanno avviato le indagini la verità è venuta a galla. E non era certo quella messa nero su bianco nella denuncia. Il 35enne aveva chiesto e ottenuto una grossa somma di denaro come acconto per alcuni lavori che avrebbe dovuto effettuare. Soldi anticipati dai presunti “usurai” che, invece, erano le vittime della sua truffa. Insomma era tutta una farsa.

Anche i profilati non erano mai stati rubati, ma sono stati trovati nell’abitazione dell’uomo.

Babila, accusato di calunnia aggravata è finito agli arresti domiciliari come disposto dal G.i.p. del Tribunale di Lecce, Brancato su richiesta del P.M. Carducci.



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