Messaggi offensivi e minacciosi contro una ricercatrice. Dottoranda sotto processo per molestia

Non solo, poiché avrebbe insultato altri colleghi e tutor nei corridoi dell’università, poiché a suo dire l’avrebbero ostacolata nel conseguimento del dottorato di ricerca

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Dovrà affrontare un processo penale, una dottoranda dell’Università del Salento, accusata di avere molestato con una serie di messaggi su WhatsApp, una ricercatrice. Non solo, poiché avrebbe anche insultato ripetutamente altri colleghi e tutor, poiché a suo dire l’avrebbero ostacolata nel conseguimento del dottorato di ricerca.

Il pubblico ministero Simona Rizzo ha emesso nelle settimane scorse un decreto di citazione a giudizio nei confronti di una dottoranda di 38 anni. Ed oggi si è svolta la prima udienza del processo dinanzi al giudice monocratico Stefano Sernia. Il processo è stato però rinviato al primo dicembre per un difetto di notifica. L’imputata, difesa dall’avvocato Paolo Cantelmo, potrà difendersi dalle accuse nel corso del dibattimento. Risponde dell’ipotesi di reato di molestia o disturbo alle persone.

L’Università ha deciso di non costituirsi parte civile. Così come le altre persone offese, tra cui comparivano ricercatori e professori dell’università, uno dei quali difeso dall’avvocato Ivana Quarta.

L’inchiesta ha preso il via dalla denuncia presentata dal rettore Fabio Pollice dell’Università del Salento e le indagini sono state coordinate dai carabinieri della stazione di Lecce Principale.

I fatti contestati dalla Procura si sarebbero protratti per oltre un anno. Difatti, secondo l’accusa, tra l’inizio del 2019 e il mese di luglio del 2020, la 38enne avrebbe anzitutto “con petulanza e biasimevole motivo” inviato su WhatsApp innumerevoli messaggi ( sia vocali che scritti) dal contenuto offensivo, minaccioso ed intimidatorio, indirizzati ad una ricercatrice. E in altre occasioni avrebbe rivolto una serie di insulti ed ingiurie verso altri colleghi e tutor, gridando a squarciagola nei corridoi dell’Università, accusandoli di essere ostili nei suoi confronti.

L’inchiesta si è avvalsa di una consulenza tecnica sui dispositivi informatici, al fine di estrapolare i messaggi “incriminati”.



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