Ivan Ciullo, un suicidio che la famiglia non accetta. Dalla lettera all’orario della morte: ecco tutti i dubbi

Sono passati esattamente tre anni da quando il Dj Ivan Ciullo è stato ritrovato impiccato ad un albero di ulivo, nelle campagne di Acquarica. Suicidio, è stato detto… ma per la famiglia la verità è ancora lontana. Tutte le incongruenze.

Sono passati esattamente tre anni da quando il corpo senza vita di Ivan Ciullo è stato ritrovato nelle campagne tra Taurisano e Acquarica del Capo. Sono passati più di mille giorni, ma la famiglia del dj salentino non vuole arrendersi né accettare che la morte del figlio sia stata archiviata, frettolosamente a loro dire, come un suicidio.

Cantautore, speaker radiofonico, produttore, fonico, appassionato di musica e di scrittura: Ivan, per mamma Rita e papà Sergio non aveva nessun motivo per togliersi la vita. Aveva cominciato una relazione sentimentale con un uomo molto più grande e, poco prima della tragedia, aveva inviato un messaggio ad un’amica per confermare la sua presenza ad una cena con i colleghi, voluta per festeggiare gli ottimi risultati raggiunti dalla radio per cui lavorava. “Ci vediamo stasera”, avrebbe scritto, ma nel locale non è mai arrivato.

Perché impiccarsi? Perché legare un cavo ad un albero di ulivo per scrivere la parola fine? Sono solo alcuni degli interrogativi a cui la famiglia del deejay ha provato a rispondere in questi 36 mesi.

Tanti, troppi i dubbi e i “perché” che i genitori di Ivan hanno voluto ricordare nel giorno del triste anniversario. Punto per punto ecco la loro versione.

La lettera

La pista del suicidio sarebbe stata confermata da una lettera di addio indirizzata ai genitori, trovata accanto al corpo. Un foglio A4 di poche parole, scritto al computer, in cui Ivan avrebbe spiegato i motivi del gesto. Solo “Per mamma e Sergio” era stato scarabocchiato a mano sulla busta che conteneva la missiva, ma non è la scrittura di Ivan, secondo la famiglia. Lo ha dichiarato anche un perito, in via informale, perché non sarebbe stata mai autorizzata una la perizia calligrafica sull’originale. È il primo «Perché».

Il corpo e gli abiti distrutti

Il secondo giallo per la famiglia riguarda gli accertamenti post mortem. Il corpo di Ivan è stato “accompagnato” presso la camera mortuaria dell’Ospedale “Vito Fazzi” di Lecce. Perché, si domandano, è stato trattenuto due giorni senza effettuare l’autopsia, né gli esami tossicologici? Il medico legale si sarebbe ‘limitato’ ad un esame esterno, nulla in più.

Non solo, sugli slip del giovane sono state trovate tracce di liquido seminale. Perché sono stati gettati, così come i vestiti e le scarpe senza che nessuno si preoccupasse di verificare se sotto la suola fosse presente la terra rossa del campo in cui è stato ritrovato il corpo senza vita?

Ivan, come è ormai tristemente noto, si sarebbe impiccato ad un albero di ulivo con il cavo di un microfono, ma le foto testimoniano che le estremità delle gambe erano bianche e questo non è compatibile con l’ipotesi di un suicidio. Il sangue in un corpo appeso si deposita verso il basso: i piedi, quindi, avrebbero dovuto essere blu.

I segni sul corpo e la posizione in cui è stato ritrovato

Non solo, sul corpo sarebbero presenti delle ecchimosi, sul dorso per la precisione. “Particolare” che fa pensare che Ivan quando ha perso la vita fosse disteso, non appeso. Anche i segni dietro la nuca non sembrano essere stati procurati dallo “strisciamento” del cavo.

Perché, si chiedono i genitori, alla luce di questi elementi non hanno ancora autorizzato la riesumazione del corpo per effettuare l’autopsia?

Anche la “posizione” avrebbe dovuto destare sospetti: Ivan è stato rinvenuto con le gambe genuflesse e non penzolanti. Tale posizione è stata giustificata dagli inquirenti con il cedimento del “cavo elettrico”, ma il cavo del microfono non cede e, se lo fa, si logora esternamente. Le foto testimoniano che il cavo era integro.

Ancora. I piedi dello sgabello, che è stato ritrovato accanto al corpo, sono solo appoggiati sul terreno e non affondano nella terra. È scientificamente possibile? NO, secondo la famiglia.

E che fine ha fatto il mazzo di chiavi che aveva con sé? E le videocamere, presenti nell’auto di Ivan al momento della scomparsa, dove sono finite?

Mamma Rita ha scoperto “per caso” della morte del figlio. Nessuno l’ha avvertita quella mattina del 22 giugno. È stato il marito Sergio a darle la brutta notizia. Sergio non è il padre biologico di Ivan, ma lo ha cresciuto come se fosse suo figlio e ora si sta battendo per conoscere la verità.

L’orario della morte

Il medico legale ha dichiarato l’ora precisa della morte: alle 18.00 del 21 giugno 2015. Così si legge nel referto, allegato alla prima richiesta di archiviazione. Poche pagine dopo, nello stesso fascicolo, la perizia sul cellulare di Ivan stabilisce che è stato spento definitivamente alle 18.40. Un’incongruenza (è sbagliata l’ora del decesso o qualcuno ha spento il telefono dopo?), come illogico è il luogo scelto da Ivan per “togliersi la vita”. L’albero si trova ai margini di una strada asfaltata e abbastanza trafficata, anche se in campagna.

Possibile che nessuno abbia visto il corpo? E se fosse stato portato lì dopo, inscenando un suicidio?

A tutte queste domande non sono ancora state date risposte. I genitori non si sono mai arresi e continueranno la loro lotta per la verità. Di fronte alla seconda richiesta di archiviazione, hanno presentato una formale denuncia-querela al Tribunale di Potenza nei confronti della PM della Procura di Lecce per il reato di omissione di atti d’ufficio.

A questa seconda richiesta di archiviazione, il legale dei genitori, l’avvocato Francesca Conte ha presentato le loro opposizioni. Il prossimo 12 luglio è prevista l’udienza di discussione davanti al GIP.



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