Nessuna responsabilità di Corradino Marzo nella bancarotta delle aziende di famiglia: le motivazioni

Nelle circa 80 pagine, il giudice Sernia sottolinea il ruolo preminente di Pierfrancesco Marzo nella bancarotta impropria, documentale e per distrazione che portò al fallimento delle tre società Camposole, Ittica Ugento ed Spt Acqua.

La responsabilità per la bancarotta delle tre aziende del cosiddetto ‘Gruppo Marzo’, andrebbe ricercata esclusivamente all'interno della stessa famiglia, ma non ci sarebbe alcun ruolo  penalmente perseguibile, rivestito dallo ‘zio’ Corradino . Nelle circa 80 pagine di motivazioni della sentenza, depositate dal giudice Stefano Sernia che ha presieduto il collegio della prima sezione nel processo, emerge dunque a chiare lettere il ruolo preminente di Pierfrancesco Marzo e del padre Albino (deceduto tempo fa) nelle vicende di bancarotta impropria, documentale e per distrazione che portarono al fallimento delle tre società Camposole, Ittica Ugento ed Spt Acqua. Riguardo alla "posizione" di Pierfrancesco Marzo, condannato alla pena di 9 anni di reclusione, il magistrato sottolinea come egli fosse ‘partecipe del disegno di spoliazione delle aziende e, prima ancora, di artificiosa e spregiudicata manipolazione delle scritture contabili e dei bilanci’. Viene poi messa in evidenza ‘l'assoluta indifferenza non solo per le ragioni della legalità, ma ancor prima per quelle del mercato e della tutela dei creditori’.
 
Invece, Corradino Marzo ( zio di Pierfrancesco), ex esponente del Psi ed assessore alla Sanità della Regione Puglia, negli anni 80' e membro del cda delle società in questione fino al 2001, è stato assolto dall'accusa poiché ‘il mero cumulo delle vesti formali non comporta necessariamente un maggior grado di conoscenza circa le effettive vicende della società, tanto più che non risultano, effettivi atti di diretta gestione del patrimonio e delle scritture contabili’. Anzitutto, nella pagine delle motivazioni,  il giudice Sernia evidenzia come ci fosse una gestione unitaria delle tre società (già logisticamente, gli uffici di ciascuna "insistevano" su di una stessa area in Corigliano d'Otranto), nonostante i tentativi messi in atto per "camuffare" questa situazione, che emergerebbe dalle dichiarazioni di alcuni ex dipendenti, sentiti come testi e ritenuti attendibili. Essi affermavano che gli incassi di una società venivano utilizzati per pagare i fornitori dell'altra e che anche le merci ed i macchinari venivano spostati dagli spazi di una società ad un'altra " al fine di creare un'apparenza di consistenza patrimoniale e di magazzino non corrispondente al vero, in occasione delle verifiche degli ispettori’.
 
Dunque emergerebbe il ruolo di ‘mere comparse’ dei membri del Cda. Questo aspetto sarebbe comprovato dalla ripartizione delle quote societarie, sbilanciata verso i membri della famiglia Marzo. Riguardo, però, il ruolo di Francesco Centonze, 62enne di San Pietro in Lama e di Giuseppe Betulia 66enne di Catania, entrambi condannati, non è possibile credere, secondo il giudice, che ‘non fossero in grado di cogliere il significato giuridico – in termini di natura distruttiva e dissipati a ed idoneità a ledere gli interessi dei creditori- degli atti di disposizione patrimoniale che andarono a compiere’.
 
Ricordiamo che a distanza di quindici anni dai fatti, i giudici della prima sezione penale hanno emesso il 30 ottobre scorso, una sentenza di condanna per soli tre imputati. Il collegio presieduto da Stefano Sernia ha inflitto 9 anni (il Pm aveva chiesto la stessa pena senza le attenuanti generiche, ma con la recidiva) per il 45enne Pierfrancesco Marzo, originario di Lecce, ma residente a Corigliano d'Otranto per" sottrazione, distruzione ed occultamento delle scritture contabili". Egli è stato anche condannato al risarcimento del danno nei confronti di CAMPOSOLE INDUSTRIA ALIMENTARE S.P.A. in persona del curatore fallimentare ; 2 anni e 6 mesi per Francesco Centonze,  limitatamente all'ipotesi del contratto stipulato con la S.T.A.T. sr.l. e Giuseppe Betulia per ‘dissipazione per cessione del prodotto ittico e mancata coltivazione dell'azione giuridica nei confronti di S.PT. ACQUA’.
 
Assolti tutti gli altri imputati, tra cui Corradino Marzo (zio di Pierfrancesco), 75 anni, originario di Corsano ma residente a Lecce (erano stati chiesti 6 anni) ; Ennio Cioffi, 80enne di Cavallino, Orazio Muratore 67enne originario di Bari (componenti del Consiglio di Amministrazione); Domenico Margheriti 56enne di Erchie, (richiesta di 4 anni e 6 mesi), Antonio Caruso, anch'egli del consiglio di amministrazione; Elena Rizzelli 44enne di Lecce (componente del Consiglio di Amministrazione), perché il fatto non sussiste; il 52enne originario di Lecce, Giorgio Bovi,( presidente del consiglio sindacale);la 68enne di Castrovillari Francesca Cipparrone, (componente del consiglio sindacale); la 55enne di origini foggiane Viola Carmine, per non avere commesso il fatto.
 
Il Pubblico Ministero Roberta Licci, nel corso della sua requisitoria tenutasi nella scorsa udienza, aveva invece evidenziato come nel periodo intercorso tra il 1999 ed il 2000 fossero state compiute, a vario titolo dai diversi imputati, le azioni di attrazione e falsificazione delle scritture contabili, al fine di coprire il buco milionario che portò al fallimento della società Camposole Industria Alimentare, dell'Ittica Ugento e di S.P.T. ACQUA, a partire dal dicembre 2001. Infatti i curatori ed il consulente della procedura fallimentare, costituitisi parte civile e difesi dall'avvocato Ubaldo Macrì, evidenziarono l'inattendibilità delle voci inerenti i crediti, poiché superiori a quelli risultanti dalle schede contabili intestate ai clienti.
 
Il collegio difensivo era composto da Massimo Benedetto, Fritz Massa, Antonella Corvaglia, Maria Cristina Brindisino, Amilcare Tana, Pio Tommaso Caputo, Rosario Almiento, Francesco Silvestre, Michele Iaia, Antonio Pellegrino.



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