Offese su Facebook, il Sindaco di Lizzanello querela l’autrice del post e chi lo ha commentato e condiviso

Il primo cittadino di Lizzanello, Fulvio Pedone ha sporto denuncia-querela nei confronti dell’autrice di un post a suo dire “diffamatorio”. Nel mirino anche chi lo ha commentato e condiviso.

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Non ci sta il Sindaco di Lizzanello, Fulvio Pedone ad accettare a mani basse le offese rivolte alla sua amministrazione che spesso trovano nei social network una cassa di risonanza. Espressioni false che non solo offendono l’onore e la reputazione delle persone, ma si consumano nell’indifferenza delle vittime e nella condivisione della rete. Per evitare che passi il concetto che “tutto sembra essere consentito e tutto sembra essere tollerato”, il primo cittadino ha deciso di dire basta presentando una formale denuncia-querela.

«Accettare questi comportamenti per un sindaco significherebbe non avere rispetto dell’istituzione che rappresenta, significherebbe legittimare gli insulti, le calunnie e le diffamazioni» si legge nell’atto finito sul tavolo della Procura.

I fatti

Per capire cosa abbia spinto il Sindaco a prendere provvedimenti tocca tornare alle 22.43 del 28 settembre, quando su un profilo è apparso un post, a suo dire, diffamatorio. Ad accompagnare lo scatto che ritraeva il primo cittadino con la fascia tricolore, il presidente del consiglio comunale Antonio Russo e tre assessori comunali Noemi Calogiuri, Annalisa De Fabrizio e Costantino Giovannico e la consigliera Paola Buttazzo durante l’inaugurazione, a Merine, di una palestra della scuola media, l’utente ha scelto la frase: «Cosa c’è in questo capannone di mer** chiamato palestra? L’ennesimo invito a mangiare sulle nostre spalle: Viva Lizzanello e i suoi 40 ladroni!».

Non è solo il post ad essere contestato, ma anche i like e tutta una serie di commenti riportati nero su bianco nella denuncia-querela come “Ladri è un aggettivo comodo, io li chiamo mafia legalizzata, solo squallore”. E ancora “Ormai è così che vogliono gestire il Paese. Per non ascoltare ciò che la comunità ha da dire la eliminano, questa è democrazia?”.

«Queste condotte criminose vanno punite, perché oltre ad inquinare il contesto democratico, se non punite –conclude – legittimano ed amplificano il grave, attualissimo e purtroppo in crescita fenomeno della diffamazione su internet».



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