Omicidio del bodyguard Gianfranco Zuccaro: condanna a 30 anni per Lorenzo Arseni in appello

La Corte d’Assise d’Appello ha emesso la sentenza di condanna a 30 anni di reclusione per il 49enne di San Cesario, Lorenzo Arseni, accusato dell’omicidio del suo compaesano, il bodyguard di 37 anni Gianfranco Zuccaro. Arseni era stato condannato a 20 anni in primo grado.

Una sentenza pesante, quella pronunciata oggi nell'aula bunker di Borgo “San Nicola” dai giudici della Corte d’Assise d’Appello che hanno condannato a 30 anni di carcere Lorenzo Arseni, accusato dell’omicidio di Gianfranco Zuccaro, avvenuto nel pieno centro di San Cesario, il 7 luglio 2013. Il 37enne bodyguard ed istruttore di arti marziali, fu freddato nel pieno centro del paese, raggiunto da una serie di colpi all'esterno di un bar. La Corte d'Appello ( presidente Vincenzo Scardia a latere Antonio Del Coco) ha riconosciuto l'aggravante della premeditazione, ma non le "modalità mafiose" dell'omicidio e ha disposto un risarcimento che sarà quantificato in sede civile. Il procuratore generale Antonio Maruccia, invece, chiese dinanzi al collegio giudicante, nell'udienza dell'11 maggio scorso, la pena dell'ergastolo ed in subordine i 30 anni di carcere per il 49enne di San Cesario, Lorenzo Arseni reo confesso dell'"esecuzione" del suo compaesano Gianfranco Zuccaro.

I legali dei familiari di Zuccaro (il padre e due sorelle), gli avvocati di parte civile Gabriele Valentini e Mariangela Calò avevano impugnato in appello, la sentenza di condanna a 20 anni per omicidio, inflitta in primo grado con il rito abbreviato, nei confronti di Arseni, dal gup Carlo Cazzella. Il Giudice dell'udienza preliminare, dunque, non aveva emesso la sentenza di condanna all'ergastolo, come chiedevano gli avvocati di parte civile, poiché non riteneva ci fosse l’aggravante della premeditazione, pur sposando la tesi che Arseni avesse agito con modalità mafiose (considerando, dunque, i trascorsi dell’imputato nel clan dei Tornese). L'omicidio fu quindi ritenuto, così come avevano sostenuto nel corso delle loro arringhe difensive, gli avvocati di Arseni, Massimiliano Petrachi e Ladislao Massari, un "delitto d’impeto", e non premeditato.

La pena inflitta dal Gup che teneva conto naturalmente anche della riduzione di un terzo, per la richiesta del rito abbreviato, aveva, difatti, mitigato quella avanzata il primo luglio 2014, dal sostituto procuratore Roberta Licci (titolare del fascicolo d’indagine insieme all’aggiunto Antonio De Donno) che aveva chiesto l’ergastolo per l’imputato per Lorenzo Arseni, contestando sia la premeditazione che i metodi mafiosi.

Nel processo comparivano anche altri 5 imputati con l'accusa di favoreggiamento della latitanza del killer prolungatasi per 28 giorni (difesi dagli stessi legali di Zuccaro e dall'avvocato Antonio Degli Atti): Antonio De Marco, 45enne di Cellino San Marco, al quale sono stati inflitti 2 anni; Maurizio Manfreda, 43, di Brindisi e Agata Rollo, 55, di San Cesario, condannati a 1 anno e 4 mesi; Federica Ferrara, 27, di Brindisi e Italo Cleopazzo, 65 anni, di San Cesario per loro 1 anno (per tutti è stata accordata la sospensione della pena).

Per l'omicidio Zuccaro, raggiunto da una serie di colpi di arma da fuoco, all'esterno di un bar nel centro di San Cesario, gli investigatori seguirono inizialmente la "pista passionale" (presunte avances del bodyguard nei confronti della moglie di Arseni); questa ipotesi, supportata soltanto dalle dichiarazioni dell'omicida reo- confesso, fu presto abbandonata dagli inquirenti. Per la Procura, invece, si trattò di un’esecuzione programmata per punire l’atteggiamento tracotante e violento di Zuccaro: picchiò il proprietario di una palestra per costringerlo ad accettarlo come socio e prese anche a schiaffi un amico di Arseni pochi giorni prima dell’esecuzione. Arseni venne trovato, circa un mese dopo, dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Lecce, in località Lendinuso, nel brindisino.



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