Omicidio Gabriele Manca: la Procura chiede 30 anni di carcere per Carmine Mazzotta

Altri tre imputati, invece, sono stati già rinviati a giudizio. Rispondono delle accuse in concorso di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dalla premeditazione e porto abusivo di armi.

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La Procura chiede 30 anni di carcere per uno degli imputati dell’omicidio di Gabriele Manca. Dinanzi al gup Cinzia Vergine, nel corso del processo con rito abbreviato, ha preso la parola il pubblico ministero Carmen Ruggiero (in sostituzione del procuratore aggiunto Guglielmo Cataldi) che ha invocato la pesante pena.

Il processo proseguirà il prossimo 10 maggio, quando discuteranno gli avvocati Giancarlo Dei Lazzaretti ed Enrico Grosso, legali di Carmine Mazzotta, 45enne di Lecce.

Invece, in una scorsa udienza sono stati già rinviati a giudizio: Omar Marchello, 40enne di Lizzanello, Giuseppino Mero, 54enne di Cavallino (ai domiciliari per motivi di salute) e Pierpaolo Marchello, 41 anni di Lizzanello (a piede libero e residente fuori Regione). Il processo a loro carico è già iniziato innanzi ai giudici della Corte di Assise.

Gli imputati rispondono delle accuse in concorso di: omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dalla premeditazione e porto abusivo di armi. Sono difesi dagli avvocati Umberto Leo, Fulvio Pedone, e Germana Greco.

I genitori ed i fratelli di Manca si sono costituiti parte civile, invocando un maxi risarcimento, attraverso l’avvocato Fabrizio D’Errico.

L’inchiesta

Carmine Mazzotta, Omar Marchello e Giuseppino Mero vennero raggiunti dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere del G.I.P. Alcide Maritati, eseguita dai Carabinieri del R.O.S.

Gabriele Manca scomparve da Lizzanello il 17 marzo 1999 e venne rinvenuto il cadavere il successivo 5 aprile in una zona di campagna ubicata sulla strada Lizzanello-Merine, a ridosso di un muretto a secco. Le prime indagini permisero di accertare che il giovane, 21enne originario di Lizzanello, era stato attinto da diversi colpi di pistola alle spalle, alcuni dei quali esplosi a breve distanza.

A distanza di tempo, le dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia hanno permesso di consolidare il quadro accusatorio. Un testimone, invece, nei mesi scorsi dopo avere ritrattato le proprie affermazioni, ha puntato nuovamente il dito contro uno degli indagati.



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