Operazione ‘Stop and Go’ su 13 rapine nel basso Salento: chiusa l’inchiesta con sei indagati

Quattro degli indagati furono arrestati il 24 marzo scorso e ristretti ai domiciliari. I fatti contestati si sarebbero verificati nell’arco temporale di appena due anni, dal 2011 al 2013. I bersagli preferiti erano supermercati, uffici postali, tabaccherie e distributori di benzi

Sono acccusati di ben 13 rapine presso supermercati, uffici postali, tabaccherie e distributori di benzina del Basso Salento e sei persone sono state raggiunte dall'avviso di conclusione delle indagini.
 
Il pubblico ministero Roberta Licci ha, dunque, chiuso ufficialmente la delicata inchiesta denominata «Stop and Go» e risultano indagati: il "grande accusatore" Donato Perrotto, 45enne di Casarano, l'ugentino 29enne Davide Bruno (entrambi a piede libero); Vincenzo Minicozzi, 27enne di Ugento, il fratello Andrea Minicozzi 30enne ; Daniele Deiana, 25enne, Salvatore De Gaetani, 32enne (tutti di Ugento).
  
Questi ultimi quattro vennero arrestati il 24 marzo scorso. I Carabinieri della Compagnia di Casarano, insieme ai colleghi del Nucleo Operativo Radiomobile hanno eseguito le ordinanze di applicazione di misure cautelari in regime di arresti domiciliari, emesse dal gip Alcide Maritati, su richiesta Il pubblico ministero Licci. Dinanzi al gip Alcide Maritati si è tenuto successivamente l'interrogatorio di garanzia dei quattro presunti autori degli assalti armati. L'unico ad avere risposto alle domande del giudice è stato Vincenzo Minicozzi. L'uomo aveva dichiarato di essere estraneo ai fatti contestatigli e di non conoscere il "grande accusatore" Donato Perrotto, 45enne di Casarano. Invece, il fratello Andrea Minicozzi 30enne e Daniele Deiana, 25enne,, così come Salvatore De Gaetani, 32enne (tutti di Ugento), si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Gli indagati sono difesi dagli avvocati Sonia Mascia Cavalera, Mario Coppola , Donata Perrone.
  
I fatti contestati si sarebbero verificati nell'arco temporale di appena due anni,dal 2011 al 2013. Gli obiettivi non erano scelti a caso, ma studiati a tavolino in base a quanto potevano “fruttare”  (ad esempio una famiglia di imprenditori di Ugento, bloccati mentre stavano per salire in auto che gli ha fruttato ben 17mila euro). Stessa scena si era ripetuta, ad esempio, a Casarano, a Gemini o Ruffano dove, sempre con il volto coperto e muniti di pistole avevano ‘conquistato’ con la minaccia lauti bottini. Anche il modus operandi era stato pianificato nei minimi dettagli: i quattro rubavano un’auto qualche giorno prima di compiere la rapina, macchina che poi abbandonavano in località isolate o di campagna quando non serviva più . A nulla sono servite le ‘accortezze’ utilizzate per evitare di essere scoperti, come quella di alternare i colpi (anche due a serata tant’è che l’operazione è stata denominata «stop and go» per la rapidità con cui andavano in scena) a momenti di apparente tranquillità.
 
La svolta nelle indagini, avviate nel 2011, è arrivata l’anno successivo quando sfumò una rapina ai danni di una tabaccheria a Melissano. I banditi erano pronti ad entrare in azione quando hanno “incrociato” per caso un’auto di servizio impegnata in un giro di perlustrazione. Era troppo rischioso, a quel punto, portare a termine il piano e così preferirono scappare a piedi per le strade della cittadina. Durante la fuga, uno dei rapinatori, per evitare di essere riconosciuto abbandonò per strada guanti, passamontagna e persino una maglietta che tornò a recuperare il giorno successivo. Gli uomini in divisa, però, avevano già recuperato tutto.  Stessa cosa per la macchina usata per il colpo, abbandonata con all’interno armi ed indumenti. È bastato osservare meticolosamente i filmati delle telecamere di videosorveglianza per risalire ad uno degli autori, finito poi nei guai.

Il primo a “cadere”, insomma, fu Donato Perrotto, divenuto poi il "grande accusatore". 



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