Pastore albanese ucciso da un colpo di pistola sparato per ‘gioco’: sotto processo i datori di lavoro

Il Gup Giovanni Gallo ha rinviato a giudizio sia il 32enne Giuseppe Roi che il 70enne Angelo Roi, padre di Giuseppe. Il primo risponde del reato di omicidio colposo, mentre il secondo di simulazione di reato, per la morte del 24enne Qamil Hyraj

Avrebbe sparato "per gioco" con una pistola calibro 22, contro un vecchio frigorifero abbandonato nella masseria, colpendo però mortalmente un pastore albanese. Il Gup Giovanni Gallo, nell'udienza preliminare odierna ha chiesto che siano processati, sia il 32enne Giuseppe Roi, che il 70enne Angelo Roi, padre di Giuseppe e li ha dunque rinviati a giudizio.
 
Il primo risponde del reato di omicidio colposo, mentre il padre di simulazione di reato, per la morte del 24enne Qamil Hyraj. I difensori di Giuseppe Roi, gli avvocati Francesca Conte e Giuseppe Romano avevano chiesto il rito abbreviato condizionato, ma l'istanza è stata rigettata dal giudice. Nello specifico, la richiesta era "condizionata" dall’acquisizione di una perizia tecnica a firma del generale, ora in congedo, Luciano Garofano, che, secondo i difensori avrebbe fornito una ricostruzione alternativa sulla dinamica dell’incidente. Per Garofano, sarebbe poco coerente che una calibro 22 possa ammazzare così una persona. Possibile, per il consulente, dunque, che sia stata utilizzata una carabina o un fucile.
 
Inoltre, nell'udienza odierna, vi è stata la costituzione delle parti civili (i famigliari del pastore ucciso) difesi dall'avvocato Cristiano Solinas che avevano anche invocato per Giuseppe Roi, attraverso i propri legali, la riqualificazione del reato da omicidio colposo a volontario, ma la richiesta è stata anch'essa rigettata. È stata così fissata così fissata la data del 10 dicembre per l'inizio del processo, dinanzi ai giudici della prima sezione penale, ma con un nuovo pubblico ministero (il pm Giuseppe Capoccia, titolare dell'inchiesta approderà alla procura di Crotone nelle prossime settimane).
 
Ricordiamo che in un primo pomeriggio primaverile, il 6 aprile scorso, nelle campagne fra Torre Lapillo e Torre Castiglione fu ritrovato il cadavere di un giovane pastore albanese, Qamil Hyraj. Il 24enne era stato ‘freddato’ da un unico colpo di pistola sparato in fronte, da una distanza ravvicinata.
 
Sette mesi dopo, a finire nei guai, è stato proprio il suo datore di lavoro e amico, Giuseppe Roi. Il pastore, secondo gli investigatori, infatti, avrebbe premuto il grilletto per “gioco”, un passatempo che si è rilevato alla fine mortale.  Il primo colpo come rivelato dai rilievi balistici effettuati avrebbe trapassato l’elettrodomestico da parte a parte richiamando “l’attenzione” di Hyraj che in quel momento stava guardando il gregge. Il ragazzo si sarebbe voltato ed è lì che sarebbe stato raggiunto da un secondo colpo.
 
Fu anche battuta la pista del furto di agnelli, raccontata da Angelo Roi molto probabilmente per nascondere la verità a tragedia avvenuta e fatta per allontanare i sospetti sul figlio è apparsa fin dai primi istanti poco “plausibile”. Per questo dovrà rispondere dell’accusa di «simulazione di reato».
 
 Determinante comunque è stata la testimonianza di un altro pastore che avrebbe raccontato ai militari dell’abitudine di Giuseppe Roi di sparare contro bersagli a caso, come un bidone bianco sparito ma di cui è stata trovata traccia all’interno della masseria.
 
Successivamente, come disposto dal Tribunale del Riesame l’iniziale accusa di omicidio volontario con dolo è stata riqualificata in omicidio colposo. Il datore di lavoro non avrebbe avuto la volontà di ammazzare ma avrebbe agito “con imprudenza, negligenza, imperizia pur consapevole della presenza del suo pastore”.



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