Riciclaggio di denaro sporco: assolto in Appello l’imprenditore Valerio Corigliano

La Corte ha assolto l’imprenditore leccese per i reati di associazione mafiosa e riciclaggio ‘perché il fatto non sussiste’. In precedenza, anche il vice procuratore generale e il difensore di Corigliano avevano chiesto l’assoluzione.

Ennesimo colpo di scena nel processo d'Appello a carico di Valerio Corigliano. La Corte presieduta da Vincenzo Scardia ha disposto nei confronti dell'imprenditore, per il reato di associazione mafiosa, il "non doversi procedere" e in merito al riciclaggio, l'assoluzione "perché il fatto non sussiste". In precedenza, il vice procuratore generale Giampiero Nascimbeni – così come il difensore di Valerio Corigliano, l'avvocato Stefano De Francesco – riguardo l'accusa di associazione hanno invocato il principio del "bis in idem" per il quale l'imputato non può essere sottoposto a processo più di una volta per lo stesso fatto (nel processo relativo all'operazione "Giano", Corigliano fu condannato per associazione semplice). Invece, per il riciclaggio, la richiesta di assoluzione è stata avanzata nel "merito" da entrambi.
 
Valerio Corigliano venne coinvolto nell'operazione"Giano", conclusasi nel gennaio del 2004. Sarebbe emersa una ramificata associazione per delinquere dedita al riciclaggio e all'usura, attiva sul territorio salentino e sgominata dalla Guardia di Finanza di Lecce. Al termine di lunghe indagini da parte del GICO del nucleo di Polizia Tributaria di Lecce, sarebbe venuto fuori un insospettabile canale di riciclaggio delle attività illecite della Sacra Corona Unita ed in particolare dei clan Lezzi, Toma, Vincenti e Cerfeda. I militari avrebbero accertato l'esistenza di una sorta di centrale del riciclaggio e di usura riconducibile ai fratelli Roberto e Valerio Corigliano. Le indagini avrebbero fatto scoprire come attraverso gli incassi di una società di gestione di stazioni di servizio di carburante, venivano "ripuliti" anche gli incassi della criminalità. L'inchiesta venne coordinata dal sostituto procuratore Cataldo Motta della Direzione Distrettuale Antimafia.
 
Quello odierno, è il terzo processo di Appello nei confronti dell'imprenditore. In primo grado, Valerio Corigliano fu condannato a 9 anni per i reati di usura, associazione mafiosa e riciclaggio.
Nel primo processo di Appello svoltosi a Lecce, egli fu assolto dal reato di usura e condannato a 6 anni e 6 mesi di reclusione, con le accuse di associazione mafiosa e riciclaggio. Gli avvocati Stefano De Francesco e il collega Angelo Pallara (deceduto il 23 maggio scorso e del quale, tra soli tre giorni, ricorre il primo anniversario della sua scomparsa) ottennero però dalla Corte di Cassazione, l'annullamento con rinvio.
 
La Corte Appello di Taranto, nel secondo processo di Appello confermò sostanzialmente la sentenza dei colleghi di Lecce.
 
I legali di Corigliano presentarono un secondo ricorso in Cassazione. E Gli "ermellini" ne accolsero le motivazioni nel marzo del 2015. Loro contestavano la genericità del capo d'imputazione, l'inattendibilità delle dichiarazioni di alcuni pentiti e un difetto di motivazione.



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