​Renzi copia Grillo e «silura» i dissidenti

14 senatori del Pd si autosospendono dal Partito per l”™avventata scelta del segretario di allontanare Corradino Mineo dalla Commissione Affari Costituzionali reo solo di aver espresso qualche dubbio sulla tenuta dell”™Italicum

Beppe Grillo lo hanno crocifisso per molto meno, eppure le argomentazioni di Matteo Renzi sono uguali a quelle del leader del Movimento Cinque Stelle. Già, perché per lo stesso motivo il segretario del Partito Democratico che è allo stesso tempo anche Presidente del Consiglio ha pensato bene di destituire dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato, Corradino Mineo, volto noto prima di Rai3 poi di Rai News 24 di cui era direttore, reo soltanto di pensarla in maniera difforme dall’ortodossia renziana. Al suo posto il più allineato Luigi Zanda.

Se, da un lato, è vero che il Premier nell’intesa sull’italicum con Silvio Berlusconi, nello storico incontro al Nazareno, si è giocato la faccia e non consente ostacoli sul suo cammino, dall’altra è del tutto evidente che le regole di democrazia interne ad un partito non possono e non devono consentire di liberarsi dei «dissidenti» in un sol colpo. Renzi, ha usato le stesse parole con cui Grillo continua ad apostrofare tutti coloro che “osano” esprimere opinioni diverse dalla linea dettata dal comico genovese «il Partito non è un tram su cui si può salire a farsi eleggere». Insomma, o così o pomì…cioè o la si pensa come il Capo o si cambia aria a dispetto di tutte quelle posizioni di pensiero un po’ più articolate secondo le quali un conto è dissentire dal Partito nel momento del voto di fiducia altro non potersi permettere il lusso di un pensiero diverso su tematiche importanti per le quali la libera espressione dovrebbe essere il minimo sindacale.

Che senso avrebbe eleggere persone che non sono in grado di argomentare un pensiero diverso da quello del proprio segretario, su questioni rilevanti della politica nazionale come le regole che sono sottese alla legge elettorale?

Ma se Grillo conta su un partito monolitico che difficilmente mette in discussione le sue scelte, nel Pd l’articolazione dialettica delle posizioni è ben diversa e infatti Renzi al Senato ha perso ben 14 iscritti al gruppo del Pd (Casson, Chiti, Corsini, D'Adda, Dirindin, Gatti, Giacobbe, Lo Giudice, Micheloni, Mineo, Mucchetti, Ricchiuti, Tocci, Turano) che si sono autosospesi in profonda distonia con l’azione da sceriffo del Capo. In un partito se passa il principio che non la si può pensare in maniera diversa dal Segretario verrebbe meno il senso stesso dell’azione politica: la posizione di un gruppo nasce da una discussione articolata.
Renzi non ne esce bene da questa sua azione troppo spavalda né come immagine né con i numeri. Peccato perché la sua marcia per quantità e qualità sembrava inarrestabile.



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