Dal Salento a Bruxelles, Ingrosso(Copagri):«Serve ricerca, non l’eradicazione»

Ieri una delegazione salentina è volata a Bruxelles per discutere circa gli interventi atti ad arginare la Xylella. Fabio Ingrosso:«L’eradicazione non serve, specie non abbiamo una controprova che la pianta sia malata. Ricerca sul campo».

Tanto di cappello alla delegazione pugliese che, nonostante entità diverse, è volata ieri a Bruxelles per rappresentare una parte del Salento – e dunque dell'Italia – parlando a voci unificate. Unico linguaggio per un unico obiettivo: portare dei benefici al nostro territorio. Delle perplessità espresse direttamente alla Commissione Europea, nella quale sono intervenuti gli agronomi salentini Cristian Casilli e Giuseppe Vergari. Con loro i prof. Perrino e Xylloiannis. E poi la relazione di Fabio Ingrosso, presidente di Copagri Lecce nonché consigliere nazionale UNASCO, stamattina contattato telefonicamente dalla redazione di Leccenews24.it all'indomani dell'importantissimo vertice. «L’eradicazione non serve – ci riferisce – ormai la Xylella è andata talmente oltre che non risolverebbe il problema. La mia posizione resta sempre la stessa, gli elementi portati sul tavolo europeo viaggiano verso un’unica direzione: intervenire sulla ricerca, stanziando fondi. Su questo punto siamo convenuti tutti, sia il rappresentante dell’EFSA, sia gli eurodeputati, tra cui l’onorevole D’Amato. Ricerca di campo però, sia chiaro».

L’ordine di discussione poi, non appena ascoltati i vari interventi in relazione alle buone pratiche agronomiche (ad esempio, coltivare i terreni apportando le sostanze nutritive necessarie o inserendole nel terreno attraverso piante proteiche), si è orientato sulla preoccupazione degli altri paesi. «In particolare sull’utilizzo massivo, secondo il piano, di pesticidi e fitofarmaci, influenzando negativamente i prodotti finali. Abbiamo spiegato – prosegue – che non serve fare questo tipo di ragionamento se, dopo l’applicazione delle giuste operazioni, sopraggiunge una ricerca sana ristabilente l’equilibrio delle piante. Siamo convinti, infatti, che le piante stesse possano sviluppare le autodifese per reagire allo stato di crisi».

In tal caso il piano andrebbe rivisto, includendo garanzie diverse di protezione della fascia interna. Eppure, prima di qualsiasi decisione, debbono pervenire le dovute analisi. «Delle analisi allargate anche ad altri enti – sottolinea Ingrosso – e l’EFSA, da questo punto di vista, ha dato grande disponibilità». Dopo le relazioni, spazio ad un “botta e risposta” con parlamentari e rappresentati della Commissione UE. «Un passaggio delicato. Nel momento in cui noi incalzavamo sulle posizioni imposte dall’UE all’Italia, due componenti hanno detto “le competenze sono dello stato membro”». Per la serie, non abbiamo deciso noi il da farsi, specie in riferimento alle metodologie. L’Unione Europea chiede solo che venga fermata l’infezione.

«Lo stanziamento dei fondi appare quanto mai fondamentale. Non possono venire scaricate responsabilità solo sulla nostra nazione – prosegue Ingrosso – semmai è l’Italia ad aver subito il problema. Nessuno si è preoccupato delle frontiere “colabrodo”, intercettando quelle vegetazioni malate, transitate poi in tutto il mondo». Stando ad alcune rilevazioni scientifiche, il batterio sarebbe giunto dalla Costa Rica. Il motivo? Una questione di DNA simile alle coltivazioni presenti nel paese sudamericano. Un concetto evidenziato dal CNR e ribadito, tra le altre cose, proprio dall’EFSA. «Una ricerca non alternativa, ma di supporto – continua – e sul campo. Ed ecco che qui entrano in gioco diversi elementi. Gli agronomi hanno messo a disposizione le loro conoscenze per formulare una strategia».

Dall’incontro, la volontà comune è quella di produrre un documento unitario delle peculiarità lì evidenziate: non utilizzare fitofarmaci in misura sconsiderata, ma sostanze meno impattanti e più biologiche che forniscano gli effetti desiderati, fermando l’avanzata del cicalellide. «Ci vuole uno studio immediato. E l’eradicazione non dev'essere impellente se proprio non ci danno la controprova che la pianta sia morta. Altrimenti l’impatto ambientale sarebbe enorme». «EFSA vuol conoscere il progetto di ricerca da noi presentato, dandoci piena disponibilità a finanziare eventuali progetti favorevoli allo scopo».