#Enricostaisereno. Poi Matteo cambiè² idea: #Enricomispiacespostatipocopoco

Matteo Renzi si fa sentire sempre di piè¹ e quel ‘Stai sereno’ sembra significare altro.

Vi fidereste di uno che fino a ieri ti ha detto che non vuole prendere il tuo posto, che devi stare tranquillo, che lui lavora soltanto perché tu faccia bene, che addirittura lancia un hashtag “#stai sereno”? No, nessuno si potrebbe fidare. Dici: “Ma la politica è un'altra cosa. In politica certe cose succedono”. Giusto, in politica certe cose succedono, in politica accade spesso, spessissimo che ciò che si dice è l’esatto contrario di ciò che si pensa e di ciò che si fa. Ma questa potrebbe anche non essere una scusante, bensì un’ aggravante per chi si è presentato agli occhi della gente come il rottamatore, il paladino del nuovo contro il vecchio, il simbolo, l’emblema della chiarezza contro il dalemismo. Beh? Poi è bastato che toccasse a lui, è stato sufficiente che fosse il suo di turno per cambiare idea, per lasciarsi prendere dall’andazzo del passato. I modi gentili e democratici hanno lasciato il passo al pragmatismo approfittatore. E così, senza passare da quelle elezioni che probabilmente vincerebbe, Renzi molla un calcio nel sedere a Letta – dopo averlo ringraziato per il lavoro sin qui svolto (lo stesso linguaggio dei presidenti che esonerano gli allenatori…) – e aspetta la chiamata di Napolitano per formare un nuovo governo con la stessa maggioranza.

Nel frattempo il Pd si mangia il suo presidente del consiglio e lancia allo sbaraglio il sindaco di Firenze. Già, perché di sbaraglio si tratta. Certo Renzi ha vigore ed energia da vendere. È un uomo positivo e trasmette fiducia. Ma basta questo per bonificare la palude romana senza passare da un bagno elettorale purificatore?

Non è questa la sede per difendere Letta. Il suo esecutivo è durato 293 giorni, roba da Prima Repubblica. 293 giorni che non passeranno alla storia, 293 giorni segnati dai casi Idem, Alfano, Cancellieri e De Girolamo. Letta ha pensato, sbagliando, che liberarsi di Berlusconi significasse libertà d’azione. In realtà lasciare il Cavaliere libero di fare ciò che sa fare meglio – campagne elettorali dall’opposizione – senza imbrigliarlo nell’arte difficile del governo l’ha indebolito.
Domani mattina il buon Enrico si recherà da Giorgio Napolitano per rassegnare le dimissioni, nemmeno 24 ore dopo aver presentato Impegno Italia, il nuovo programma di governo ben rilegato in brossura. Ha sfidato Renzi a braccio di ferro e ha perso. Forse pensava di avere spalle più forti. Ma sia il Capo dello Stato che Angelino Alfano non l’hanno supportato più di tanto. Del resto se il suo partito l’ha trattato così, perché altri avrebbero dovuto fare meglio?
Renzi adesso si gioca tutto. Dovesse fallire, Silvio ne avrebbe fatti fuori due in un colpo. E altri all’orizzonte non se ne vedono…



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