Giudici di Pace nel Salento. Il Ministero ci ripensa, ma potrebbe non bastare

Sulla chiusura degli Uffici dei Giudici di Pace in provincia di Lecce, la politica ha sollecitato al Ministro Orlando una verifica ulteriore del Provvedimento. Un ripensamento c?è¨ stato, ma potrebbe non bastare.

Non ha pace l’organizzazione della Giustizia in territorio salentino. I sindaci di molti Comuni e gli avvocati hanno lanciato l’allarme sul rischio ingorgo e denegata giustizia in seguito alla chiusura degli Uffici dei Giudici di pace in provincia.
La questione è stata oggetto della lettera inviata in questi giorni dal parlamentare democratico Salvatore Capone che, raccogliendo i rischi paventati dagli Avvocati e dai Sindaci, ha chiesto al Ministro Orlando di “considerare se, a fronte delle disponibilità maturate nei Comuni, e della necessità di garantire il diritto alla difesa e alla giustizia per tutti i cittadini, non sia possibile verificare quanto già disposto, con l’obiettivo di tutela dei territori e dei cittadini, perché la razionalizzazione del servizio giustizia non collida con il diritto alla giustizia da parte di tutti”.

Nella lettera Salvatore Capone ha poi tratteggiato lo stato dell’arte relativo alla imminente chiusura degli Uffici provinciali dei Giudici di pace che si aggiungerebbe alle numeorose problematiche emerse in questi mesi relativamente alla gestione e  alla riorganizzazione della giustizia. “Nello specifico – scrive il parlamentare – sul nostro territorio da undici sedi ne resterà una sola, quella di Lecce. Ancor più nello specifico, l’Ufficio del Giudice di pace avrà a disposizione un’ala dei Palazzi di via Brenta della Corte d’appello, con evidente affollamento e ingorgo del lavoro, problemi connessi alla logistica, difficoltà per i cittadini residenti in paesi spesso distanti decine e decine di chilometri dal capoluogo”.
Insomma, il provvedimento, esito del Decreto legislativo del 19 febbraio scorso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 1° marzo u.s., ha suscitando allarme, anche perchè non comunicato direttamente ai Comuni sedi degli Uffici che lo hanno appreso dalla GU.

Da parte dei Sindaci il provvedimento è stato, infatti, vissuto come una “presa in giro”, dopo che proprio da parte del Governo ai Comuni era stato sollecitato un impegno diretto finalizzato al mantenimento delle sedi. Impegno assunto e lavoro svolto, come affermato dai sindaci di Nardò, Maglie, Casarano, Tricase, anche a seguito di accordi territoriali tra Amministrazioni Comunali.
Da parte dell’Avvocatura il Provvedimento viene letto come lesivo del diritto alla difesa di tutti i cittadini, sancito costituzionalmente. Esplicita anche la posizione dell’Ordine degli Avvocati di Lecce che, nell’Assemblea straordinaria degli iscritti svoltasi il 18 febbraio scorso, aveva già affrontato la questione come si evince dall’estratto del relativo verbale, rilevando che tutte le problematiche affrontate in Assemblea sembrano destinate ad aggravarsi in considerazione dell’ormai prossimo accorpamento degli Uffici del giudice di Pace e del progressivo afflusso delle nuove cause di tutto il circondario che, a decorrere dal 13-9-2013, vengono iscritte e trattate nel capoluogo”.

Da qui, pare che il Ministero della Giustizia abba avuto un ripensamento sulla geografia degli uffici giudiziari da sopprimere nel Salento. In ballo ci sono le sedi di Casarano, Gallipoli, Maglie e Nardò, ma il vice presidente vicario del gruppo Pdl/Fi Erio Congedo, alza gli scudi anche a difesa della città di Galatina che, secondo Congedo “merita la stessa attenzione delle altre sedi di Giudice di Pace che potrebbero restare in vita in provincia di Lecce. Parliamo di uno dei Comuni più popolosi del Salento, secondo solo al capoluogo e a Nardò, che ha trenta mila abitanti e che purtroppo negli ultimi tempi ha fatto i conti con una serie di “scippi”, come la soppressione della sede della Guardia di Finanza o di quella dell’Enel, della Sobarit o dell’Aqp, nonché il ridimensionamento dell’ospedale. Depredare la città anche sul fronte della giustizia, sarebbe davvero un altro schiaffo inaccettabile". 



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