Il vento dell’anti-politica soffia ancora molto forte. Lo si capisce ad urne chiuse quando l’unico vero vincitore sembra essere l’astensionismo. I cittadini, forse, hanno dimenticato che con il raggiungimento dei 18anni ‘conquistano’ il diritto di voto, la possibilità di poter scegliere da chi essere rappresentati, che sia a livello locale regionale o nazionale. Tanto e stato scritto sulla «disaffezione degli elettori», poco è stato fatto per convincere la gente a recarsi in una cabina elettorale, piuttosto che andare al mare o in giro.
L’appuntamento più atteso, anche nel Salento, è quello con le amministrative 2016. I giochi sono ancora aperti in molti comuni tuttora impegnati ad individuare i candidati sindaci “migliori”, a comporre liste “forti”, a stringere alleanze “solide” in vista della prossima tornata in cui nulla appare scontato come nel caso di Gallipoli, scoppiato in questi giorni. Altri hanno già iniziato da tempo la campagna elettorale, pronta ad entrare nel vivo nei prossimi mesi.
Sono 23 i municipi della provincia di Lecce che in primavera saranno chiamati alle urne. Da quelli più grandi come Nardò e Gallipoli, ai più piccoli tocca a Alessano, Alliste, Cannole, Caprarica di Lecce, Castrignano del Capo, Cavallino, Collepasso, Cutrofiano, Diso, Lizzanello, Melissano, Nociglia, Patù, Poggiardo, San Pietro in Lama, Sanarica, Sogliano Cavour, Taurisano, Taviano, Trepuzzi e Ugento.
Per le comunali c’è ancora tempo, ora i riflettori sono tutti puntati sul referendum sulle trivellazioni in mare in programma per il prossimo 17 aprile. Il quesito deve essere ben chiaro: viene chiesto a tutti gli elettori italiani di abrogare una norma che consente alle società impegnate nella ricerca e nella produzione di idrocarburi liquidi e gassosi (soprattutto petrolio e metano) nel mare italiano di proseguire la loro attività anche oltre la scadenza della concessione ottenuta dal governo. Le leggi in vigore vietano la costruzione di nuovi impianti entro le 22 miglia marine (circa 22,2 km), ma consentono agli impianti già esistenti lo sfruttamento dei giacimenti per un periodo indeterminato. Insomma, la domanda è semplice «Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c'è ancora gas o petrolio?»
È importante capire che il referendum non riguarda le nuove trivellazioni: già oggi le compagnie non possono richiedere nuove concessioni entro le 12 miglia.
Ma guai a pensare che sia una banale ‘consultazione popolare’. C’è in gioco molto, ma molto di più soprattutto sul piano politico e simbolico dato che sembra essere diventato un «Renzi contro tutti». Il premier, che considera il referendum voluto da nove regioni (Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Veneto) preoccupate per le conseguenze ambientali e per i contraccolpi sul turismo di un maggiore sfruttamento degli idrocarburi uno spreco, è convinto che non verrà nemmeno raggiunto il quorum, però incita all’astensionismo. Di parere contrapposto tutti gli altri schieramenti, da Forza Italia al Movimento 5 stelle, compresa la minoranza dem. Anche Michele Emiliano che sull'ipotesi non-voto aveva risposto ‘spero che non arrivi nessun ordine di astensione altrimenti sarò costretto a non rispettarlo e a disobbedire apertamente’.
