Il Lecce gioca da solo. Il Via Del Mare è¨ un ‘cimitero’

5931 spettatori per una sfida decisiva di fine campionato. Lecce non ha nulla da festeggiare, il calcio è¨ un fenomeno in via di estinzione nel Salento. I sacrifici della società non sono ripagati, il campionato di mister Lerda e dei suoi giocatori non merita questa diserzione generale. E’ vero: ci sono solo gli ultras. E poi il nulla

 Il Lecce punta alla serie B senza pubblico al seguito, e se non fosse per i tifosi della curva nord, il “Via del Mare” sarebbe il regno delle ombre. Il caro Bruno Petrachi tornerebbe a parlare di camposanto

Bruno Petrachi, in una sua famosissima stornellata del 1996, cantava che il via del Mare era diventato un camposanto, poi con l’arrivo di Giovanni Semeraro, tutti tornarono a riviverlo e a riempirlo. Se non ci fosse la curva nord, lo stadio del Lecce sarebbe praticamente un deserto. E non c’è nulla da stare allegri, perché è evidente che la sana passione calcistica sta tramontando in questa terra amara.

Il Salento non risponde più, nemmeno nei momenti decisivi. Ieri, quando i giallorossi avevano bisogno di un grande sostegno da parte del pubblico, il via del Mare ha deluso tutte le aspettative. Appena 6000 spettatori scarsi (5931). E si trattava di uno spareggio play off. C’è poco da dire ormai e sinceramente siamo un po’ stanchi di dover trovare sempre giustificazioni per chi non ne merita. Questa città e questo territorio puzzano di arroganza, di pretese esagerate e di tanta altra roba.

Tutti in prima linea quando c’è da lamentarsi, nessuno che risponde all’appello quando c’è bisogno. Sarà che il calcio, essendo solo un gioco, non è la principale preoccupazione delle famiglie salentine che tentano di far fronte a questioni ben più importanti come la crisi economica e la mancanza di lavoro, ma allora basta con tutta questa propaganda sull’identità salentina. Uno dei primi elementi di condivisione, anzi il principale collante sociale, dovrebbe essere proprio il calcio. Altre piazze, del Sud e della Puglia stessa, che vivono le stesse difficoltà socio economiche, fanno a gara per arrivare primi allo stadio, i leccesi, invece, fanno la passeggiata in campagna e vanno al mare. E per carità fanno anche bene, ma non diciamoci allora che siamo una terra da serie A, o che meritiamo le categorie più nobili.

In uno stadio costruito per la serie A trent’anni fa, quando i posti a sedere arrivavano alla vertiginosa cifra numerica di 55000, vedere 6000 spettatori significa avere lo stadio vuoto. Per la partita di ieri contro il Pontedera ce ne volevano almeno il doppio, proprio per essere minimamente soddisfatti, e invece sempre pochi, sempre di meno. E pensare che la capienza, per l’occasione era stata innalzata a 18000. Ma dove, ma quando mai? Probabilmente si è sbagliato città. Temiamo davvero che il calcio in questa terra sia una cosa appartenente al passato, qualcosa di bello ma da affidare ai ricordi. Di andare a vedere partire di calcio non se ne frega più nessuno. E almeno questa volta non è colpa dei Semeraro…