La storia del Lecce calcio dal 1975 ad oggi. Gli anni di Rossi e Zeman – VIII puntata

Gli anni del calcio brillante di Zdenek Zeman ma anche gli anni del crollo e del ritorno in serie B. In quel tempo i rapporti tra tifoseria organizzata e dirigenza giallorossa si incrinarono fino ad interrompersi del tutto.

Il ritorno in serie A dopo appena una stagione di B stava diventando un’abitudine per il Lecce.

Il presidente Rico Semeraro nel 2003 aveva deciso di mantenere in sella alla guida tecnica mister Delio Rossi, autore di una bella promozione e sognava, pertanto, di vivere una stagione gloriosa con uno degli allenatori più accreditati del panorama nazionale.

La partenza, però, è praticamente disastrosa con il Lecce che incassa sei sconfitte nelle prime sette giornate, lasciando intendere subito che il campionato sarebbe stato tutt’altro che un’esperienza esaltante.
Il Lecce, tuttavia, con un buon gruppo e qualche rinforzo non sembrava tagliato fuori dai giochi, ma il ritardo iniziale andò aumentando settimana dopo settimana.

Alla fine del girone d’andata i giallorossi erano penultimi, ma solo perché l’Ancona recitava il ruolo della comparsa e stava colando a picco verso la B. La nota positiva consisteva nel fatto che il Lecce, tutto sommato, non giocava male e che specie in alcune partite aveva mostrato cose più che discrete.

Per questo il presidente Rico Semeraro e il direttore sportivo Pantaleo Corvino pensarono di resistere con Delio Rossi sulla panchina del Lecce. Mai scelta di prudenza fu più redditizia e lungimirante.   
Il girone di ritorno per il Lecce fu una cavalcata selvaggia.

Molti ancora si interrogano su tale cambiamento, repentino e inspiegabile. La squadra sembrava stravolta, le dinamiche che avevano portato a un cambiamento così efficace restavano invece ignote.
A partire dalla seconda di ritorno il Lecce si avviò sulla strada della risalita, apparentemente impossibile, eppure…
Con sette risultati utili consecutivi i giallorossi cominciavano a fare paura, fino a diventare la squadra più in forma del campionato, incurante di ogni confronto.

Lo verificò a sue spese la Juventus campione in carica di Marcello Lippi che si vide mortificata in casa da un Lecce debordante e capace di vincere a Torino 4 – 3.
La Juve passa in vantaggio con Trezeguet, ma il Lecce rimonta fino ad arrivare ad un fantastico 1 a 4. Comincia Franceschini che mette dentro un pallone facile respinto da Buffon e poi ci pensa Axel Konan, dalla Costa d’Avorio con furore, ad affondare i bianconeri, con due gol impertinenti e spettacolari. Il primo dalla distanza dopo aver spezzato la difesa juventina, il secondo come un brasiliano, dribblando anche se stesso.
Nel secondo tempo Chevanton mette il sigillo con un gol dei suoi. La Juve fa altre due reti ma alla fine non basteranno. E’ il Lecce che vince e vincendo si avvicina ad una insperata salvezza. Una salvezza da mettere in cassaforte nelle prossime ed ultime tre partite.

Al Via del Mare si attende l’Inter e il Lecce si fa trovare pronto, battendo i nerazzurri per 2 – 1, e garantendosi, così, la tanto agognata salvezza nella stagione più incredibile mai vissuta dai giallorossi in serie A.
41 punti saranno alla fine un ottimo bottino che consentirà ai giallorossi di chiudere al decimo posto. Secondo miglior risultato del Lecce nella sua storia.
Nella nuova stagione 2004 – 2005  bisognava confermare quello che di buono si era visto nel finale di campionato scorso, e per questo, una volta andato via Rossi che poi avrebbe trovato una scomoda panchina di serie A in quel di Bergamo, con l’Atalanta che sarebbe retrocessa,  si pensò ad un colpaccio.

L’idea era già nell’aria, ma solo adesso i tempi erano maturi per l’ingaggio dei Zdenek Zeman, considerato da molti, a torto o a ragione, un maestro di calcio e forse,  a modo suo, un interprete come pochi di un calcio spregiudicato e a volte incompreso.

L’arrivo di Zeman a Lecce fu accompagnato da un’ondata di entusiasmo, nonostante il biglietto da visita scolorito da una retrocessione in C1 sulla panchina dell’Avellino.
Zeman, infatti, l’anno prima, aveva guidato gli irpini in serie B, senza troppe glorie, anzi.
Il ritorno in serie A per il tecnico boemo fu una grande iniezione di entusiasmo.
La squadra partì col vento in poppa e dopo le prime quattro giornate era seconda in classifica dietro la Juventus che aveva già cominciato ad ammazzare il campionato. Un campionato che, per le note vicende di Calciopoli, successivamente non avrebbe visto l’assegnazione dello scudetto, che infatti venne revocato dalla CAF.

Il Lecce di Zeman riempiva gli stadi. Per la partita interna con il Palermo alla sesta giornata, la città si trasformò in un festival di colori sportivi, con i tifosi palermitani e quelli leccesi, uniti da un solido gemellaggio, che passeggiavano insieme per la città e si recavano allo stadio sotto braccio.

Per Zeman il Palermo era stata la palestra della sua carriera agli inizi degli anni ottanta, quando guidava la squadra primavera e ci teneva a fare bene.
La partita finì 2 – 0 per il Lecce che aveva offerto spettacolo e lezione di calcio. Il campionato procedeva a gonfie vele, ma durò poco. A dicembre arrivò una flessione preoccupante e gli sprovveduti, quelli che sognano cose irreali, dovettero accettare l’idea che anche quell’anno la semplice salvezza sarebbe stato, come sempre, il miglior risultato possibile.
Nel girone di ritorno trascinato dai gol del fuoriclasse Mirko Vucinic il Lecce riuscì nell’impresa e i 44 punti finali rappresentano a tutt’oggi il punteggio più alto ottenuto dai giallorossi leccesi in serie A.
Quell’anno esplosero i talenti di Valeri Bojinov, Cristian Ledesma, Marco Cassetti, oltre al già citato Vucinic. Tutti giocatori che avrebbero avuto più avanti una carriera di altissimo livello.
Fu un campionato condito da polemiche laceranti. Lo stesso Zeman ebbe non poco da ridire sull’atteggiamento dei suoi giocatori in occasione dell’ultima di campionato, partita finita in pareggio col risultato di 3 – 3 contro il Parma di Pietro Carmignani.

L’aver quasi spento i motori da parte dei giocatori del Lecce, che preferirono accontentarsi di un risultato comodo e sufficiente a garantire il raggiungimento della salvezza, non piacque al tecnico boemo che nella sua mente aveva solo il gioco e il desiderio fisso del gol da segnare.
Un limite zemaniano che talvolta avrebbe compromesso i grandi successi, e che avrebbe consegnato alla storia del calcio un allenatore fra i più spettacolari, intelligenti ed esperti di tattica, ma anche tra i meno vincenti, almeno in rapporto alla durata della sua carriera e all’opportunità di guidare anche grandi squadre, vedi Roma e Lazio.
La misura era colma per Zeman, ma forse anche per il Lecce, che si separò da Zeman il quale dovette attendere qualche mese prima di trovare lavoro su una panchina di serie B, l’anno dopo, a Brescia, subentrando sul finire del campionato a Rolando Maran.

Il Lecce invece puntava  tutto su un tecnico giovane, Angelo Gregucci, per inventarsi un nuovo campionato, il terzo consecutivo, in massima serie.
Sarebbe stata però l’ultima striscia così lunga in serie A. La partenza terrificante dei giallorossi, pose da subito il problema del cambio tecnico e Gregucci venne esonerato alla 5^ giornata, mentre il suo posto fu preso da Silvio Baldini che arrivava dopo un esonero a Parma l’anno prima, a metà stagione.
Baldini sembrò dare speranza all’ambiente, angosciato all’idea della retrocessione, ottenendo finalmente la prima vittoria di quello’anno contro il Cagliari al Via del Mare, ma poi cinque sconfitte consecutive lo proiettarono, come il predecessore Gregucci, nel limbo del possibile esonero. Una prospettiva che divenne realtà alla fine del girone di andata, quando il Lecce occupava l’ultima posizione insieme al Treviso, con appena 12 punti.
Il  secondo cambio di panchina servì a risollevare leggermente la squadra che avrebbe fatto registrare un girone di ritorno decisamente più redditizio con il leccese Roberto Rizzo in panchina, che allenava la squadra ma non ufficialmente, facendosi affiancare dall’allenatore dei portieri Franco Paleari.

Il Lecce alla fine con 29 punti ritrovava la serie B e si preparava a riprogrammare buona parte del suo organigramma.
Sarebbe stata una serie B dal profumo zemaniano. L’ambiente, infatti, era ancora infatuato dai giochi di prestigio del Lecce di Zeman, capace di prestazioni assolutamente maiuscole e di un gioco che al Via del Mare non si era mai visto e sperava che con Zeman, nuovamente in sella al cavallo leccese, si potesse riagguantare subito la serie A.

Le cose andarono diversamente, nonostante il ritorno di Zeman, e per la risalita in serie A ci volle un po’ più di tempo.

Ma questo lo vedremo nella prossima puntata.



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