Con il Frosinone, Lecce soffre e porta a casa un punto. Contro il Verona necessario il cambio di passo

I giallorossi interrompono il periodo negativo ed escono con un pari dallo “Stirpe”, ma preoccupa l’atteggiamento un po’ rinunciatario

Eppur si muove. Non il Lecce, ma la classifica. Il punto acciuffato contro il Frosinone è lo specchio del periodo che sta vivendo la compagine salentina. Non è il punteggio, per ora, la preoccupazione dell’ambiente ma l’atteggiamento e la prestazione. Vedere una squadra barricarsi al minuto 62 per portare a casa un punto contro una diretta concorrente, preoccupa. Spaventa il momento. Un momento che sta durando troppo. Tante giustificazioni ad una squadra che dovrebbe avere il piacere di calcare, con grinta e determinazione, i campi della Serie A. All’inizio era colpa degli assenti impegnati in Coppa d’Africa, poi il calendario, poi la sfortuna, poi gli acciacchi e, sullo sfondo, la iattura di squadra giovane. Sarebbe il caso di assumersi delle responsabilità, chiedere aiuto all’ambiente dimostrando il dispiacere di quanto fatto negli ultimi due mesi e mezzo (e forse più). Bisogna stringersi intorno alla squadra? Sì, però, un bagno di umiltà andrebbe fatto. Altrimenti, le conseguenze non possono che essere peggiori. La contestazione di Frosinone è l’apice di una pazienza oramai giunta a bollore.

Cosa avrebbe dovuto fare la squadra dopo aver subito dieci gol in tre giornate? Ci saremmo aspettati una formazione cattiva, arrabbiata e corsara. Un undici solidale e pimpante. Invece, possiamo dire che il Frosinone si è dimostrato superiore. Idee, corsa, organizzazione e calcio. Sin dai primi minuti di gioco, i ciociari sono apparsi più vogliosi di ottenere un risultato pieno. I giallorossi, invece, si sono affidati unicamente alle giocate del singolo. Banda prima, Krstovic dopo. In questa apatia, puntale come un orologio svizzero, è arrivato il gol degli avversari su calcio da fermo. Sarà il caso di analizzare, studiare e anticipare le mosse avversarie sui calci piazzati?

Il secondo tempo è iniziato come è finito il primo. Il pressing del Lecce, mai realmente efficace, ha lasciato spazi alle avanzate dei laziali. Tante volte il Frosinone ha rischiato il raddoppio. In questo moto a senso unico, il buon Krstovic è riuscito a procurarsi un rigore benedetto. Senza quell’episodio, il Lecce sarebbe uscito sconfitto. Rafia, Banda, Krstovic, D’Aversa, il Dott. Congedo. Chi deve battere questo calcio di rigore, soprattutto, chi decide il battitore? Il primo ad andare sul dischetto è Rafia che sbaglia inesorabilmente. Anzi, la parata di Cerofolini è una manna dal cielo e solo un antipasto prima della portata principale. La parata e l’ingresso in area dei ciociari portano l’arbitro a far ribattere il rigore. Questa volta, sempre dopo un referendum, va Krstovic dal dischetto. L’attaccante montenegrino, in realtà, prende il palo e solo per il santo protettore di Lecce e del Lecce, la palla sbatte sulla schiena di Cerofolini ed entra in rete. Un risultato impensabile fino a quel momento.

La sfortuna incombe sul povero Kaba, uscito anzitempo per una distorsione, ieri accertata in lesione del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro. Al 62’ e non un minuto dopo, i giallorossi si barricano nella propria metà campo per conservare il risultato contro una diretta concorrente. Ecco, è questo ciò che preoccupa. Quello che emerge è l’incapacità di rischiare. Dove è finito il vero Lecce? Una squadra vogliosa di gettare il cuore oltre l’ostacolo contro tutto e tutti. Ora, però, non è più questione di sensazioni, bel gioco o attitudine. Ora è tempo di giocare a calcio, sudare e vincere. La Serie A è troppo importante per la città e per questa società.



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