4 novembre, nel giorno di festa incrociano le braccia lavoratori di Poste italiane e della scuola

Protestano contro la privatizzazione i dipententi di Poste italiane Spa. Incrociano le braccia contro la Buona Scuola, invece, gli insegnanti e personale scolastico. Giornata di manifestazioni e disagi per i cittadini.

In tutto il paese è un venerdì di festa. Si celebra la giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate istituita nel lontano 1919 per commemorare la vittoria italiana nella prima guerra mondiale. Oggi, però, non è soltanto un giorno da dedicare a cerimonie di commemorazione, anzi. In modo alquanto simbolico, c’è chi dice che da festeggiare non c’è alcunché, in un Paese in crisi, dove il lavoro è sempre più in bilico e le certezze di un tempo sono diventate grossi punti interrogativi.

Pertanto, ad incrociare le braccia sono i lavoratori, i dipendenti degli uffici postali, oltre agli insegnanti e al personale scolastico.

I primi non ci stanno alle operazioni di privatizzazione che l’Azienda sta intendendo mettere in atto, ancor più di quanto non sia stato già fatto. I sindacati si dicono preoccupati "sui rischi di una ulteriore privatizzazione di Poste Italiane e sulle conseguenti ricadute occupazionali”. Sarebbero, così, a rischio circa 20.000 posti di lavoro sia nel settore postale che nel settore finanziario. Le segreterie nazionali SlpCisl, SlcCgil, FailpCisale, ConfasaslCom e UglCom hanno così invitato i dipendenti ad incrociare le braccia per l'intera giornata. Numerose sono le manifestazioni in tutte le regioni italiane e di conseguenza possibili sono i disagi per l’utenza che dovrà fare i conti con uffici chiusi.

Una privatizzazione che suona male, quindi, ai dipendenti di Poste italiane,  anche alla luce delle chiusure di numerosi Uffici Postali che già si sono verificate nelle zone considerate dal piano aziendale “più disagiate”. Per non parlare, poi, delle problematiche relative al recapito della corrispondenza che oggi avviene a giorni alterni – quando avviene.

Gli insegnanti, invece, scendono nuovamente in piazza contro la Buona Scuola, che già tanto ha fatto parlare di sé in  termini negativi da parte di docenti costretti, ad esempio, a prendere servizio lontano da casa, senza che venisse tenuto in alcun conto la situazione familiare di ognuno. È di nuovo protesta, quindi, contro alcune condizioni contrattuali, contro l’assurdità di contratti fermi dal 2007, contro l’innalzamento dell’età pensionabile, oltre a tutte le altre nuove norme introdotte dalla recente riforma voluta dal Governo Renzi.

C’è fermento, quindi, nel mondo del lavoro già vessato da tagli e scelte che piovono unilateralmente dall’alto.



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