​Processo di Appello ‘Vortice Dèjà-vu’: la Procura Generale chiede la condanna di cinque imputati

Il vice procuratore generale Nicola D’Amato ha ripercorso le complesse indagini che iniziarono dopo il tentato omicidio, avvenuto cinque anni fa, di Marino Manca e Luca Greco su ordine del boss Sergio Notaro. La requisitoria proseguirà il prossimo 5 luglio.

È iniziata nel pomeriggio di oggi, la discussione del processo di Appello "Vortice Dèjà-vu", conclusosi in primo grado con la condanna di oltre 50 imputati a più di quattro secoli di carcere.
 
Il vice procuratore generale Nicola D'Amato, innanzi alla Corte presieduta da Carlo Errico, ha chiesto la conferma della pena: 4 anni e 6 mesi per Alessandra Bruni ; 14 anni e 4 mesi per Gianluca Candita, 44enne di Torchiarolo; 4 anni per Vincenzo Carone, 57enne di Mesagne. Invece, il p.g. ha invocato la riforma della pena: 9 anni ( in continuazione con una precedente condanna per spaccio)  per la 22enne Saida Bruni, detta Margot, (7 anni e quattro mesi in primo grado); 8 anni per Fabio Caracciolo (6 anni e quattro mesi), sulla base dell'appello presentato dalla  Procura.  Il dr. D'Amato ha ripercorso le complesse indagini che iniziarono dopo il tentato omicidio avvenuto cinque anni fa, di Marino Manca e Luca Greco, su presunto ordine del boss Sergio Notaro, con il quale i due criminali erano in contrasto per il controllo delle attività illegali nella zona.
 
La requisitoria proseguirà il prossimo 5 luglio, quando verranno prese in esame le posizioni di altri imputati.
 
Il maxi-processo "Vortice Dèjà-vu" ha disvelato un inquietante spaccato di storia criminale della Scu.  Il gup Stefano Sernia, nel giugno 2016, ha emesso una sentenza di condanna per la maggior parte dei 65 imputati che avevano scelto di essere giudicati con il rito abbreviato. Non sono comunque mancate le assoluzioni. In particolare, va sottolineato un dato: molti imputati sono stati assolti dal reato di associazione mafiosa
 
Si sono costituiti parte civile, l'Associazione Antiracket Salento, difesa dall'avvocato Cristian Covella, un imprenditore vittima di racket, difeso dall'avvocato Massimo Bellini ed alcuni personaggi di notevole spessore criminale, quali  Luca Greco, avvocato Maurizio Scardia.
 
Nell'udienza del febbraio 2016, invece, il sostituto procuratore antimafia Guglielmo Cataldi ha invocato complessivi 600 anni di carcere.
 
L'operazione investigativa, coordinata dai pm Antonio Negro e Giuseppe Capoccia è stata condotta dai carabinieri del Ros di Lecce e dai militari della Compagnia di Campi Salentina. Questa consentì di svelare le attività del gruppo criminale,  soprattutto lo spaccio di sostanze stupefacenti (marijuana e cocaina in particolare) e le estorsioni ai danni degli acquirenti di partite di droga. A quell’operazione è seguito, il blitz “Paco” grazie al quale fu smantellato il clan capeggiato dal boss Sergio Notaro, fino ad arrivare al blitz “Vortice Dèjà-vu ultimo atto". Paco era il soprannome di quello che sarebbe diventato un collaboratore di giustizia: il 31 enne squinzanese, Antonio Pierri.
 
Molti retroscena sui fatti di sangue sono emersi anche grazie all'intensa attività di intercettazioni ambientali nel carcere di Borgo San Nicola, che hanno permesso di svelare alcuni retroscena sulla guerra di mafia nel Nord Salento, tra il gruppo di Notaro e quello di Marino Manca, ma anche all'interno dello stesso gruppo di Notaro, dove cominciarono a serpeggiare malumori.



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