L’incubo Fipronil, l'insetticida dannoso usato contro pulci, zecche e parassiti che ha contaminato le uova di Gallina destinate al consumo, è arrivato anche a Lecce. Uno scandalo alimentare che ha tolto il sonno ai consumatori rischia di paralizzare il settore come accaduto in passato con lo spettro dell’aviaria.
Fatto è che sui social network e su whatsApp si sta diffondendo a macchia d’olio la foto di un cartello che invita i clienti di un noto supermercato del capoluogo a non consumare le uova di un’azienda locale che riportano il numero di lotto dal 12 settembre al 21 settembre 2017.
Insomma, chiunque abbia messo nel carrello una confezione deve assolutamente gettarla nella spazzatura o restituirla al punto vendita dal quale l’ha acquistata. Il motivo della non conformità è scritto a chiare lettere in basso: presenza di Fipronil.
La preoccupazione sembra essere “giustificata” dalla notizia del sequestro di 4mila uova contaminate dall’insetticida in un’azienda di Veglie. Il 16 agosto, infatti, era stato prelevato un campione dal centro imballaggio a pochi passi dall’allevamento di galline ovaiole. Dieci giorni dopo, è arrivata la comunicazione dell’Istituto Zooprofilattico di Foggia relativa alla positività al Fipronil per superamento dei limiti previsti dal regolamento CE 1127/2014.
Il limite consentito di Fipronil è 0,005 mg/kg, mentre la dose tossica per l’uomo è 0,72 mg/kg. La dose trovata sul campione positivo corrisponde a 0,080 mg/kg (16 volte superiore al limite consentito e 9 volte inferiore alla dose tossica), con un margine d’errore della prova di più o meno 0,041.
Inoltre, come si legge in una nota della Asl Ieri sono stati prelevati nuovi campioni di uova in altri capannoni; prelevati anche campioni di mangime e acqua, inoltre sono state abbattute alcune galline per l’invio del muscolo all’Istituto Zooprofilattico di Foggia.
La notizia non deve creare allarmismi infondati, ma solo spingere il consumatore a fare attenzione soprattutto all’origine delle uova che resta la migliore garanzia su ciò che si porta in tavola. L’unico lotto – almeno per il momento – sotto la lente di ingrandimento è quello indicato sul cartello e non altri in cui non è stata riscontrata alcuna contaminazione.
