I loro formaggi venivano prodotti con acqua non potabile e le etichette indicavano nomi ed ingredienti di altre aziende. Questo è quanto scoperto, ieri mattina, dai Carabinieri del Nas in una piccola azienda neretina.
Acqua non potabile per produrre formaggi da vendere come prodotti genuini ed etichette “clonate” che indicavano nomi ed ingredienti di prodotti di altre aziende casearie.
I militari del Nucleo antisofisticazione e sanità di Lecce (Nas), con i colleghi della stazione di Nardò, hanno denunciato quattro persone, tre di queste lavoravano in un caseificio in località Villaggio Resta, la cui attività doveva essere sospesa da diversi mesi.
Nonostante il divieto, l’attività produttiva era a pieno regime e per di più gli ispettori del Nas hanno rilevato l’uso di acqua non potabile per la produzione dei formaggi. Oltre a questi due gravi rilievi, si è aggiunta anche la presenza di oltre 400 etichette appartenenti a un altro caseificio, e presumibilmente pronte per essere apposte sui loro prodotti.
I responsabili sono stati deferiti in stato di libertà con l’accusa della mancanza dei requisiti minimi igienico-sanitari, contraffazione e uso abusivo di marchi. Nei guai sono finiti tre componenti di una famiglia. Si tratta di padre, C.M., 51enne noto alle forze dell’ordine per reati contro il patrimonio, di sua moglie, C.M. 47enne, e del figlio di 26 anni.
L'altra verifica dei carabinieri è stata effettuata nei magazzini di un supermercato neritino, dove è stato rinvenuto un pacco di pasta contaminato da parassiti. La confezione non era esposta alla vendita diretta al consumatore, ma è valsa ugualmente una denuncia al proprietario del pastificio, un 63enne del posto, incensurato. Nessuna resposabilità per il titolare del supermercato.