Traffico di stupefacenti e detenzione di armi, scacco a un clan del tarantino. 15 persone in manette, c’è anche un leccese

Il provvedimento emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, su richiesta della Procura della Repubblica-Direzione Distrettuale Antimafia. Brindisi e Lecce i territori di approvvigionamento

auto-carabinieri

Alle prime luci dell’alba di oggi, i Carabinieri del Ros, con il supporto dei comandi provinciali di Taranto e Brindisi; del 6° Elinucleo di Bari, del Nucleo Cinofili di Modugno e dello Squadrone Eliportato “Cacciatori Puglia”, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, Sergio Tosi, su richiesta della Procura della Repubblica-Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 15 persone ritenute responsabili, a vario titolo, si appartenere a un’associazione per delinquere finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione e porto illegale di armi e munizioni, operante sul territorio di San Giorgio Jonico in provincia di Taranto. Tra i destinatari del provvedimento di oggi anche un leccese, N.T., 53enne nato a Grottaglie, ma residente a Lecce.

L’indagine, sviluppata dai militari dell’Arma in prosecuzione dell’Operazione “Taros”, eseguita nel marzo 2021, avrebbe fatto venire alla luce come il gruppo “Lucchese”, di San Giorgio Jonico, fosse dedito al traffico e allo spaccio della droga in una vasta area del tarantino.

Le investigazioni, dirette dalla Procura Distrettuale di Lecce, avrebbero evidenziato come il sodalizio esercitasse, nei territori di riferimento, il monopolio del traffico di stupefacenti, approvvigionandosi attraverso una rete di fornitori che operavano nelle province di Brindisi e Lecce.

Le indagini, inoltre, hanno permesso di ipotizzare quali fossero gli assetti del gruppo “Lucchese”, a vertice del quale vi era un 48enne di San Giorgio Jonico, che oltre a dirigere il sodalizio, avrebbe curato personalmente i rapporti con i fornitori.

Elementi che indicherebbero la capacità di infiltrazione dell’associazione e le capacità di condizionamento sul territorio, emergerebbero anche dalla rete di relazioni che questa era riuscita a costruire, che coinvolgeva anche personalità appartenenti al mondo delle istituzioni che, in vario modo, avrebbero favorito gli associati.

L’indagine, si è avvalsa anche delle testimonianze di un collaboratore di giustizia, legato a una cosca ‘ndrangheta, che operava in Lombardia.



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