Sotto inchiesta per presunti incarichi pilotati, favori e regali. Arrestato un Giudice

Tra le persone arrestate, oltre al magistrato, anche un avvocato e tre commercialisti, nell’ambito di un’inchiesta con 10 indagati.

Scattano gli arresti domiciliari per il giudice Pietro Errede, in un’indagine della Procura di Potenza che stamattina ha portato all’esecuzione di cinque misure cautelari ai domiciliari. L’inchiesta ruota attorno ad un presunto giro di nomine e incarichi pilotati al Tribunale fallimentare di Lecce, presso il quale Errede prestava servizio all’epoca dei fatti, quale giudice delle sezioni  Fallimentare/Esecuzioni immobiliari, nonché  Misure di Prevenzione. Si parla anche di regali e utilità, come una collana tennis che il magistrato avrebbe ricevuto in cambio di favori.

Tra le persone arrestate,  oltre al giudice Pietro Errede, 55 anni, residente a Lecce anche l’avvocato Alberto Russi, 53 anni di Lecce ed i commercialisti, Massimo Bellantone, 57enne originario di Guagnano, ma residente a Lecce; Emanuele Liaci, 54 anni di Gallipoli e Marcello Paglialunga, 58 anni di Nardò nell’ambito di un’inchiesta con 10 indagati. Le accuse sono quelle di tentata concussione, corruzione, turbativa d’asta, estorsione, tentata estorsione. Le 5 misure cautelari personali (arresti domiciliari) e reali (sequestri preventivi diretti o per equivalente) disposte dal gip Salvatore Pignataro sono state eseguite in mattinata dal Nucleo di polizia economica finanziaria di Lecce.

Le indagini, coordinate dal procuratore di Potenza Francesco Curcio sono state avviate nel settembre 2021 sulla base di circostanziate denunce. E in seguito vennero eseguite una serie di perquisizioni che portarono al sequestro di una copiosa documentazione.

E come si legge in una nota della Procura di Potenza: “Si ritiene in proposito necessario sottolineare, non solo l’essenziale apporto di attività d’intercettazione e alle investigazioni informatiche e bancarie, ma anche come le dichiarazioni di alcuni testi e parti offese,  scrupolosamente verificate e riscontrate, siano state un decisivo contributo che ha consentito di acquisire un quadro indiziario, ritenuto grave dal gip, dimostrativo di un uso strumentale dell’attività giudiziaria utilizzata per procacciare utilità personali non solo al magistrato (vacanze, preziosi, device, feste, ecc), ma anche ai professionisti che ruotavano intorno a lui che beneficiavano degli incarichi dati dal magistrato e che per questo lo ricambiavano”.

E continua la nota: ” In questo contesto si accertava, sempre a livello di gravità indiziaria, che presunti intermediari del giudice Errede (in questa vicenda estraneo ai fatti) – in particolare gli indagati Massimo Bellantone (in relazione al quale il Gip ha ritenuto sussistente la contestata forma consumata ) ed il compagno del magistrato, l’avvocato Alberto Russi (in relazione al quale il gip ha ritenuto dimostrata l’estorsione tentata e non consumata) – costringevano (all’insaputa di Errede) soggetti privati le cui aziende erano sottoposte ad amministrazione giudiziaria a pagare loro il corrispettivo di 20.000 euro, per un Rolex, in realtà già pagato realmente anche se ad un prezzo vantaggioso, dallo stesso Errede, somma che in realtà non risultava poi corrisposta dai predetti al giudice Errede”.

Non solo, poiché si legge:  “Le dinamiche, oggetto delle presenti indagini, complessivamente hanno disvelato, a livello di gravità indiziaria e ferma restando la doverosa verifica nelle successive fasi processuali, non solo un abuso delle pubbliche funzioni da parte del giudice Errede, non solo l’approfittamento della condizione di vulnerabilità di soggetti sottoposti ad amministrazione giudiziaria in sede di Misure di Prevenzione, ma, anche, un meccanismo di reciproco scambio, fondato, da una parte, sulla assegnazione degli incarichi maggiormente remunerativi da parte del giudice a vari professionisti (curatori, amministratori/ controllori giudiziari e/ o coadiutori) e, dall’altra, sull’ottenimento da parte del giudice di regalie e altre utilità”.

E continua la nota: “Deve infine rappresentarsi che il gip di Potenza, in relazione ad ulteriori episodi di corruzione in atti giudiziari e tentata concussione contestati da questo ufficio, ha motivatamente ritenuto, per ragioni di carattere giuridico o probatorio, di non condividere l’impostazione accusatoria. Tale decisione viene doverosamente rispettata ed è dimostrativa, ancora una volta, della terzietà del giudice. Per tali aspetti, tuttavia, la stessa sta per essere impugnata da parte di questo Ufficio e, quindi, sarà oggetto di appello innanzi al Tribunale del Riesame di Potenza”.

E si legge a conclusione della nota: “Si evidenzia che il procedimento penale in corso è ancora nella fase delle indagini preliminari, sicché doverosamente, vale il principio di innocenza per tutti gli indagati, fino a sentenza irrevocabile di condanna”.