Presunti abusi edilizi al Lido “Acqua Chiara” di Alimini, chiusa l’inchiesta. Quattro indagati

Ricordiamo che nel dicembre del 2020 furono apposti i sigilli al lido con un decreto di sequestro preventivo. La difesa ha presentato Appello contro il provvedimento, dinanzi al Riesame.

La Procura chiude l’inchiesta sui presunti abusi edilizi al Lido “Acqua Chiara” in località Alimini. Nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, a firma del pm Roberta Licci, compaiono i nominativi di quattro persone. Si tratta di Maria Serena Brescia, 74 anni di Otranto, in qualità di legale rappresentante della “Acqua Chiara sas”; Vincenzo Carecci, 56 anni di Uggiano La Chiesa, tecnico progettista della suddetta società; Emanuele Maria Maggiulli, 55 anni di Muro Leccese, Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Otranto; Roberto Aloisio, 55 anni di Maglie, istruttore tecnico dell’dell’Area Tecnica del Comune di Otranto.

Rispondono delle ipotesi di reato di abusi edilizi, deturpamento di bellezze naturali, abuso d’ufficio e falso ideologico.

Sono assistiti dagli avvocati Luigi Corvaglia, Alberto Corvaglia, Francesco Maria De Giorgi, Viola Messa, Antonio Quinto, Francesco Romano e Leonardo Maruotti e potranno, entro i prossimi venti giorni, produrre memorie difensive o chiedere di essere interrogati. In base all’accusa, i quattro indagati avrebbero effettuato alcuni interventi edilizi in assenza del permesso di costruire, dei nulla osta delle autorità preposte al vincolo e dei necessari titoli demaniali. In particolare, nell’avviso di conclusone, si fa riferimento alla costruzione “di una impattante struttura destinata a stabilimento turistico- balneare” della superficie di circa 1.586 mq, con la creazione di un imponente manufatto destinato a chiosco bar, cabine, depositi di primo soccorso e servizi igienici. Non solo, anche due strutture ombreggianti, camminamenti scivoli e pedane.

Secondo la Procura, gli interventi autorizzati dai funzionari comunali sarebbero “assolutamente illegittimi, poiché inerenti ad interventi nuovi, di natura stabile, permanenti e di forte impatto ambientale”. E soprattutto per dimensioni e massa, “né precari, né facilmente amovibili”. Si fa riferimento alla realizzazione di nuove strutture come un’imponente piattaforma in legno infissa direttamente nell’arenile in corrispondenza con la battigia e a diretto contatto con il mare, caratterizzata da pilastri in ferro e legno, ancorati su trave prefabbricata in calcestruzzo. Ed al chiosco bar inglobato all’interno di un grande lastricato (“tettoia”) in legno e lamiera con predisposizione di pannelli vetrati a delimitazione dell’area. Tali interventi, ritiene il pm, impedirebbero “la libera ed agevole accessibilità all’arenile” e causerebbero un’alterazione della “bellezza naturale della fascia costiera dunale”.

I quattro indagati, come detto, rispondono anche di abuso d’ufficio. Difatti, i due funzionari comunali avrebbero attestato falsamente, attraverso le autorizzazioni rilasciate a marzo del 2016 ed a giugno del 2017, che si trattava di lavori concernenti opere precarie. E nel far ciò avrebbe procurato un ingiusto vantaggio alla società “Acqua Chiara sas”.

Ricordiamo che, nel dicembre del 2020 furono apposti i sigilli al lido, attraverso il decreto di sequestro preventivo a firma del gip Michele Toriello.

La difesa intanto ha già presentato Appello contro il provvedimento, dinanzi al Tribunale del Riesame.



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