
La Procura chiude l’inchiesta sui presunti abusi edilizi al Lido “Acqua Chiara” in località Alimini. Nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, a firma del pm Roberta Licci, compaiono i nominativi di quattro persone. Si tratta di Maria Serena Brescia, 74 anni di Otranto, in qualità di legale rappresentante della “Acqua Chiara sas”; Vincenzo Carecci, 56 anni di Uggiano La Chiesa, tecnico progettista della suddetta società; Emanuele Maria Maggiulli, 55 anni di Muro Leccese, Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Otranto; Roberto Aloisio, 55 anni di Maglie, istruttore tecnico dell’dell’Area Tecnica del Comune di Otranto.
Rispondono delle ipotesi di reato di abusi edilizi, deturpamento di bellezze naturali, abuso d’ufficio e falso ideologico.
Sono assistiti dagli avvocati Luigi Corvaglia, Alberto Corvaglia, Francesco Maria De Giorgi, Viola Messa, Antonio Quinto, Francesco Romano e Leonardo Maruotti e potranno, entro i prossimi venti giorni, produrre memorie difensive o chiedere di essere interrogati. In base all’accusa, i quattro indagati avrebbero effettuato alcuni interventi edilizi in assenza del permesso di costruire, dei nulla osta delle autorità preposte al vincolo e dei necessari titoli demaniali. In particolare, nell’avviso di conclusone, si fa riferimento alla costruzione “di una impattante struttura destinata a stabilimento turistico- balneare” della superficie di circa 1.586 mq, con la creazione di un imponente manufatto destinato a chiosco bar, cabine, depositi di primo soccorso e servizi igienici. Non solo, anche due strutture ombreggianti, camminamenti scivoli e pedane.
Secondo la Procura, gli interventi autorizzati dai funzionari comunali sarebbero “assolutamente illegittimi, poiché inerenti ad interventi nuovi, di natura stabile, permanenti e di forte impatto ambientale”. E soprattutto per dimensioni e massa, “né precari, né facilmente amovibili”. Si fa riferimento alla realizzazione di nuove strutture come un’imponente piattaforma in legno infissa direttamente nell’arenile in corrispondenza con la battigia e a diretto contatto con il mare, caratterizzata da pilastri in ferro e legno, ancorati su trave prefabbricata in calcestruzzo. Ed al chiosco bar inglobato all’interno di un grande lastricato (“tettoia”) in legno e lamiera con predisposizione di pannelli vetrati a delimitazione dell’area. Tali interventi, ritiene il pm, impedirebbero “la libera ed agevole accessibilità all’arenile” e causerebbero un’alterazione della “bellezza naturale della fascia costiera dunale”.
I quattro indagati, come detto, rispondono anche di abuso d’ufficio. Difatti, i due funzionari comunali avrebbero attestato falsamente, attraverso le autorizzazioni rilasciate a marzo del 2016 ed a giugno del 2017, che si trattava di lavori concernenti opere precarie. E nel far ciò avrebbe procurato un ingiusto vantaggio alla società “Acqua Chiara sas”.
Ricordiamo che, nel dicembre del 2020 furono apposti i sigilli al lido, attraverso il decreto di sequestro preventivo a firma del gip Michele Toriello.
La difesa intanto ha già presentato Appello contro il provvedimento, dinanzi al Tribunale del Riesame.