
La Cassazione conferma le due condanne emesse al termine del processo di Appello bis sul crollo di una palazzina a Castro.
Diventano quindi definitive le pene a 1 anno e 6 mesi per Angelo Rizzo, 57 anni, geometra progettista di alcuni lavori di ristrutturazione nel bar “Le Delizie” ed a 2 anni per Martino Antonio Cirolo, 58enne, titolare di un altro locale limitrofo e progettista dei relativi lavori di ristrutturazione.
Ricordiamo che nel 2018, la Corte di Cassazione ha annullato complessivamente sei condanne, nel processo sul crollo avvenuto in piazza Dante a Castro, il 31 gennaio del 2009. Nello specifico, “gli ermellini” hanno disposto due assoluzioni con formula piena “perché il fatto non sussiste” per i progettisti Luigi Fersini e Gabriele Fersini. Per gli altri quattro imputati, invece, la Cassazione ha stabilito l’annullamento con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello.
Al termine del processo di Appello bis sul crollo di una palazzina a Castro, i giudici della sezione promiscua (Presidente Ettore Nesti), come detto, hanno ritenuto colpevoli Rizzo e Ciriolo e hanno inoltre confermato il risarcimento del danno in favore delle parti civili.
Gli imputati sono assistiti dagli avvocati Giuseppe Corleto e Marcello Petrelli. Le parti civili, tra gli altri, dagli avvocati Dimitry Conte e Luigi Covella.
Il processo di primo grado
Sette imputati furono ritenuti colpevoli in primo grado. Erano finiti a giudizio con l’accusa di concorso in disastro colposo nel processo conclusosi il 27 ottobre del 2016, dinanzi al giudice Pasquale Sansonetti della seconda sezione penale. Gli imputati furono anche condannati al risarcimento delle parti civili, da stabilirsi in separata sede. Il giudice dispose comunque l’assoluzione di altre sei persone.
L’inchiesta condotta dal pubblico ministero Giuseppe Capoccia si è avvalsa della perizia dei consulenti tecnici d’ufficio – i professori Amedeo Vitone e Carlo Viggiani – e degli ingegneri Fabrizio Palmisano e Pietro Foderà che giunsero alla conclusione che il crollo “fosse stato causato dall’attività dell’uomo e non da cause naturali”.
Sotto la lente della Procura, finirono i lavori eseguiti in alcuni esercizi commerciali. Secondo l’accusa, gli imputati furono, a vario titolo e in diversa misura responsabili dell’indebolimento di una parte strutturalmente molto importante dell’edificio contiguo all’area del crollo, per “negligenza” ed inosservanza delle regole di sicurezza.
Nel corso degli anni, ai “carichi” originari costituiti dal banco di calcarenite che gravavano sui locali-grotta, se ne aggiunsero altri, frutto di un intervento dell’uomo. Vi fu una riduzione delle pareti portanti. La conseguenza, in base alla tesi della Procura, fu “il danneggiamento o la totale eliminazione dei percorsi utilizzati dai “carichi” per raggiungere il terreno di fondazione”. In particolare fu demolita una muratura portante originaria al confine con l’edificio contiguo, sostituendola con una trave in cemento armato. I lavori sarebbero stati realizzati in parziale difformità rispetto al progetto originario.