‘Contatti con l’attentatore di Berlino e pronti al martirio’. Un arresto e un’espulsione nell’operazione antiterrorismo ‘Transito Silente’

Le indagini condotte dalla Digos della Questura di Brindisi, sotto la direzione della DDA di Lecce e della Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, hanno portato all’arresto di un cittadino congolese ritenuto aderente a una cellula salafita.

Credevano talmente tanto nell’ideologia dell’Isis che non avrebbero esitato a compiere azioni violente, fino al martirio. Erano pronti a colpire con attentati terroristici e facevano parte di una cellula salafita operante a Berlino. Uno di loro era persino in contatto con Anis Amri, l’autore della strage al mercatino di natale della capitale tedesca. A fare luce su questo filo sottile che legava la Germania al Cpr di Restinco, alle porte di Brindisi è stata un’indagine della Digos di Brindisi, coordinata dalla Dda di Lecce e dalla Procura nazionale Antimafia e Antiterrorismo, che ha portato all’arresto di un cittadino congolese e all’espulsione dall’Italia di un marocchino. In manette è finito Lutumba Nkanga, 27enne congolese mentre Amri Soufiane, 22enne marocchino ha dovuto lasciare il Belpaese. L’accusa – gravissima – è di associazione con finalità di terrorismo internazionale. 
 
Non solo, le indagini grazie anche al coordinamento con le autorità tedesche hanno, inoltre, consentito di scovare una cellula salafita composta da 11 membri operante proprio a Berlino. Un gruppo di giovanissimi militanti, di età compresa fra venti e trenta anni, con identici percorsi di radicalizzazione religiosa. Tutti pronti al ‘sacrificio’ in nome e tutti accusati ora del reato di “associazione con finalità di terrorismo internazionale”.
 
Secondo la ricostruzione degli inquirenti i due stranieri erano entrati in Italia il 2 dicembre 2015 ed erano intenzionati a recarsi a Istanbul, forse per partecipare ai cruenti attentati di dicembre in Turchia passando dalla Grecia se non fossero stati bloccati nel porto di Ancona per uno sciopero dei traghetti: durante i controlli è emersa una segnalazione delle autorità tedesche che descriveva Amri Soufiane come potenzialmente pericoloso e al quale doveva essere ritirato il passaporto. Lutumba Nkanga era, invece, risultato in possesso di un permesso di soggiorno scaduto e per questo era stato portato nel Centro di identificazione ed espulsione di Restinco, a Brindisi.
 
Ricostruire il quadro non è stato semplice: attraverso sofisticate tecnologie investigative sono stati decifrati i messaggi che il 27enne congolese avrebbe scambiato con i suoi complici, utilizzando tutte le più moderne app: da telegram a whatsapp, passando per viber e facebook. Nei cellulari sono stati trovati video cruenti di decapitazioni e omicidi non scaricati da internet ma veicolati dall’agenzia Amaq, l’organo ufficiale di informazione dell’Isis. Stessa cosa vale anche 22enne marocchino Amri Soufiane, risultato uno dei responsabili della moschea berlinese Fussilet 33, poi chiusa in seguito a indagini sul terrorismo islamico a cui ha contribuito proprio la polizia italiana.
 
L’inchiesta, avviata la vigilia di Natale proprio nel Centro di identificazione alle porte della città di Brindisi, dove Nkaga era stato trasferito dopo essere stato fermato insieme ad Amri ad Ancona, è stata coordinata dai pm Alessio Coccioli e Guglielmo Cataldi della Dda di Lecce.



In questo articolo: