Pastore albanese colpito a morte da un proiettile. La Corte d’Assise sul luogo del delitto

Udienza nelle campagne tra Torre Lapillo e Torre Castiglione per i giudici della Corte d’Assise che hanno celebrato il processo sulla morte del giovane pastore albanese Qamil Hyraj

Un’udienza insolita quella che si è svolta in mattinata nelle campagne tra Torre Lapillo e Torre Castiglione. Una “trasferta” per i giudici della Corte d’Assise che hanno celebrato il processo sulla morte del giovane pastore albanese, il 24enne Qamil Hyraj, attinto da un proiettile vacante, proprio sul luogo del delitto.

L’intera Corte d’Assise (Presidente Pietro Baffa, a latere Francesca Mariano e giudici popolari), il pm Carmen Ruggiero, gli avvocati delle parti, la cancelliera e la stenotipista hanno raggiunto la località “incriminata” nei pressi di Porto Cesareo per effettuare un sopralluogo, al fine di ricostruire la dinamica dei fatti.

Era presente anche l’ex comandante dei Ris, Luciano Garofano, in qualità di consulente della difesa. Durante l’insolita udienza odierna, sono stati ascoltati due carabinieri, in qualità di testimoni.
Sul banco degli imputati compare Giuseppe Roi, 33enne di Porto Cesareo, datore di lavoro del giovane pastore ed accusato di omicidio volontario con dolo eventuale.

La prossima udienza è fissata per il 28 gennaio, ma si svolgerà regolarmente in aula.

Ricordiamo che nei mesi scorsi, davanti al gup Edoardo D’Ambrosio, si è tenuta una nuova udienza preliminare. Il giudice ha rinviato a giudizio Giuseppe Roi.
Dunque è stata accolta la richiesta del pm Carmen Ruggiero che ha ribadito la richiesta (già formulata in aula nel corso del primo dibattimento) di riqualificazione del reato di omicidio colposo in omicidio volontario con dolo eventuale.

I familiari della vittima, il 24enne Qamil Hyraj, assistiti dall’avvocato Ladislao Massari, si sono costituiti parte civile. Giuseppe Roi è difeso dagli avvocati Francesca Conte e Giuseppe Romano che potranno dimostrare l’estraneità alle accuse di Giuseppe Roi, nel corso del dibattimento.

L’inchiesta

Occorre ricordare che nell’immediatezza dei fatti, il pm contestò a Giuseppe Roi il reato di omicidio volontario. Il collegio difensivo si oppose fin da subito, facendo riferimento agli esiti degli accertamenti balistici degli specialisti e chiese la riqualificazione del reato in omicidio colposo. L’istanza venne accolta dai giudici del Riesame e poi dal pm Giuseppe Capoccia (inizialmente titolare dell’inchiesta) ed infine dal gup al termine dell’udienza preliminare. In seguito, però, nel corso del dibattimento, il pm Ruggiero ritenne di riformulare l’accusa di omicidio volontario. Invece, il 73enne Angelo Roi, padre di Giuseppe, accusato di simulazione di reato, è stato già condannato dal giudice monocratico Stefano Sernia, nell’ottobre del 2018, a 10 mesi (pena sospesa).

I fatti

Ricordiamo che, il 6 aprile del 2015, nelle campagne fra Torre Lapillo e Torre Castiglione, fu ritrovato il cadavere di un giovane pastore albanese, Qamil Hyraj. Il 24enne era stato ‘freddato’ da un unico colpo di pistola sparato in fronte, da una distanza ravvicinata.

Sette mesi dopo, a finire nei guai, è stato il suo datore di lavoro e amico, Giuseppe Roi, proprietario di un’azienda ovicola. Il primo colpo come rivelato dai rilievi balistici effettuati avrebbe trapassato l’elettrodomestico da parte a parte richiamando “l’attenzione” di Hyraj che, in quel momento, stava guardando il gregge.

Il ragazzo si sarebbe voltato ed è lì che sarebbe stato raggiunto da un secondo colpo.
Fu anche battuta la pista del furto di agnelli, raccontata da Angelo Roi probabilmente per nascondere la verità e allontanare i sospetti sul figlio, Ma fin dai primi istanti era apparsa poco “plausibile”.
Determinante è stata la testimonianza di un altro pastore che avrebbe raccontato ai militari dell’abitudine di Giuseppe Roi di sparare contro bersagli a caso, come un bidone bianco sparito, ma di cui è stata trovata traccia all’interno della masseria.



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