I fatti si sarebbero verificati a Genova ed il Riesame annulla la sospensione dal servizio nei confronti dell’agente di Polizia Penitenziaria, indagata nell’inchiesta “Contatto”.
Il collegio ( Presidente e relatore Silvio Piccinno, a latere Maria Pia Verderosa ed Anna Paola Capano) ha accolto l’istanza presentata dall’avvocato Antonio Savoia. Il legale di Laura Gemma, 29 anni di Sogliano Cavour, in servizio presso la Casa Circondariale di Genova, ha sostenuto con fermezza in aula, nella mattinata odierna, la questione dell’incompetenza territoriale. L’avvocato Savoia ha chiesto che venisse annullata l’ordinanza del gip Edoardo D’Ambrosio, con cui il giudice disponeva la sospensione di sei mesi per l’agente. I giudici hanno accolto l’Appello della difesa. Adesso il sostituto procuratore Roberta Licci dovrà inviare le carte dell’inchiesta alla Procura di Genova. A quel punto, gli inquirenti liguri stabiliranno se chiedere nuovamente l’applicazione di una misura cautelare o interdittiva al gip competente.
L’accusa
Laura Gemma risponde del reato di concorso esterno in associazione mafiosa e truffa aggravata e continuata. L’accusa principale per l’agente di polizia penitenziaria è quella di non aver denunciato. «Ometteva pur avendo l’obbligo giuridico, nella sua qualità di pubblico ufficiale, sia di denunciare quanto era a conoscenza, sia di intervenire per interrompere le attività illecite dell’associazione» si legge nell’ordinanza. La donna si era innamorata di Vincenzo Antonio Cianci all’interno del penitenziario di Genova, dove l’uomo era rinchiuso. Un amore che l’aveva spinta a chiedere e ottenere il trasferimento a Borgo San Nicola, quando il suo uomo aveva lasciato la Liguria. Ma ci sono stati casi, come accertato nelle indagini, in cui il legame sarebbe andato oltre come dimostrerebbe il suo coinvolgimento in prima persona in alcuni ‘crimini’ (come dei furti di gasolio) dove svolgeva la funzione di palo. Non solo, probabilmente per vivere quell’amore, secondo l’accusa, la donna era solita assentarsi dal lavoro, giustificando l’assenza per motivi di salute.
Le altre “divise”
Riguardo le altre due “divise” coinvolte nell’inchiesta, resta sospeso dal servizio il carabiniere indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Il Tribunale del Riesame ha confermato la decisione del gip D’Ambrosio, ma solo per questa ipotesi di reato, e non per il falso ideologico commesso da pubblico ufficiale (in relazione al furto di una macchina) e neanche per la rivelazione del segreto di ufficio. In attesa delle motivazioni della sentenza, dunque, il quadro accusatorio uscirebbe ridimensionato dall’aula del Riesame.
Rigettato dunque solo in parte l’Appello dei legali di Piero Tramacere, 51enne, di Sogliano Cavour, appuntato scelto dei carabinieri. Gli avvocati Francesco Vergine e Massimo Manfreda chiedevano l’annullamento in toto dell’ordinanza che disponeva la sospensione di sei mesi.
Piero Tramacere, secondo la Procura, pur non facendo parte dell’associazione, avrebbe collaborato con il clan, impegnandosi direttamente con i vertici di quest’ultimo, a “presentare” i militari che erano stati trasferiti da poco in caserma. La conoscenza vis a vis serviva ad evitare i controlli e le eventuali sanzioni. Non solo, avrebbe ‘informato’ il gruppo di Sogliano sulle indagini in corso, in particolare “aggiornando” Antonio Cianci sulle intercettazioni telefoniche a loro carico.
Luigi Antonaci, 53 anni, vigile Urbano del Comune di Sogliano Cavour, assistito dall’avvocato Donato Sabetta, risponde del reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Egli è accusato di aver “aiutato” il gruppo nelle estorsioni con il cavallo di ritorno. Ma non è l’unica accusa mossa al vigile. Antonaci avrebbe rivelato notizie che dovevano rimanere segrete, violando i suoi doveri come pubblico ufficiale.
L’ex Assessore
Inoltre, tra gli indagati compare il nome di Luciano Biagio Magnolo, ex assessore alle politiche sociali del Comune di Sogliano Cavour, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa nell’inchiesta “Contatto”.
Egli, come riferiscono i suoi legali Giuseppe e Michele Bonsegna, “ha negato sdegnosamente di aver mai fornito aiuti esterni al clan”. Il Tribunale del Riesame, ha comunque confermato la decisione del gip Edoardo D’Ambrosio che ha disposto gli arresti domiciliari per Magnolo.
